Con l’art. 104 del DPR 30/06/1965 n. 1124, “Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”, viene prevista la possibilità per il lavoratore assicurato di ricorrere avverso i provvedimenti dell’INAIL in tema di riconoscimento di malattia professionale, di infortunio sul lavoro, di inabilità temporanea o di inabilità permanente, di danno biologico.
All’art 104 del T. U. si legge:
“L’infortunato, il quale non riconosca fondati i motivi per i quali l’Istituto assicuratore ritiene di non essere obbligato a liquidare indennità o non concordi sulla data di cessazione dell’indennità per inabilità temporanea o sull’inesistenza di inabilità permanente, o non accetti la liquidazione di una rendita provvisoria o quella comunque fatta dall’istituto assicuratore, comunica all’Istituto stesso con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o con lettera della quale abbia ritirato ricevuta, entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione fattagli, i motivi per i quali non ritiene giustificabile il provvedimento dell’istituto, precisando, nel caso in cui si tratti di inabilità permanente, la misura di indennità che ritiene essergli dovuta, e allegando in ogni caso alla domanda un certificato medico dal quale emergano gli elementi giustificativi della domanda. Non ricevendo risposta nel termine di giorni sessanta dalla data della ricevuta della domanda di cui al precedente comma o qualora la risposta non gli sembri soddisfacente, l’infortunato può convenire in giudizio l’Istituto assicuratore avanti l’autorità giudiziaria. Qualora il termine di cui ai commi secondo e terzo dell’art. 102 decorra senza che l’Istituto assicuratore abbia fatto all’infortunato le comunicazioni in essi previste, si applica la disposizione dei comma precedente.”
Le modalità indicate sono estese, per similarità, anche ai casi di mancato riconoscimento di rendita ai superstiti.
Ritengo utile esaminare le diverse possibilità:
MANCATO RICONOSCIMENTO MALATTIA PROFESSIONALE
Quando viene presentata istanza di riconoscimento di malattia professionale l’INAIL avvia una serie di procedure, amministrative, sanitarie e tecniche, la cui funzione converge verso l’obiettivo di tutelare il lavoratore riconoscendo il suo diritto ad un risarcimento per la malattia provocata dalla sua attività lavorativa.
Può però accadere che gli accertamenti tecnici, sanitari o amministrativi non consentono di porre un giudizio o, addirittura che tali accertamenti in qualche modo non siano tali da potersi riconoscere la sussistenza di una malattia professionale. In questo caso l’istanza viene respinta
In sostanza l’INAIL può accogliere l’istanza ma può respingerla.
In questo caso il lavoratore può proporre il ricorso, più tecnicamente” opposizione” con richiesta di visita collegiale.
Il ricorso deve essere obbligatoriamente corredato da una certificazione medico-legale che esprima le motivazioni per cui si ritiene che la malattia denunciata ha un rapporto di causalità con il lavoro che si è svolto. Non si dimentichi che nel certificato deve essere indicata anche la percentuale di danno biologico/inabilità lavorativa provocata dalla malattia in diagnosi, a parere del medico che redige il certificato, senza la quale il ricorso diventa praticamente irricevibile.
ACCOGLIMENTO DELLA MALATTIA PROFESSIONALE
Se vi è concordanza tra la malattia professionale denunciata e il rischio accertato dagli organi tecnici dell’INAIL, e se sussistono i requisiti amministrativi, il dirigente medico INAIL indica la diagnosi e i deficit funzionali e valuta percentualisticamente il danno subito dal lavoratore secondo le indicazioni della tabella del DM 38/2000.
Al lavoratore viene quindi comunicata la malattia professionale diagnosticata, la percentuale di danno riconosciuta e l’indennizzo a cui ha diritto.
Si tenga presente che tra 1% e 5% non viene erogato nulla, da 6% a 15% viene erogata una somma una tantum, il cosiddetto “indennizzo per danno biologico” secondo una tabella di solito aggiornata annualmente e visionabile in QUESTA pagina, dal 16% viene erogata una rendita mensile il cui ammontare tiene conto della percentuale riconosciuta e dello stipendio base annuale.
Il consiglio, in questo particolare caso è che qualunque sia la patologia e la percentuale riconosciuta occorre attivarsi per ottenere una consulenza medico-legale al fine di valutare la congruità della valutazione INAIL. Eventualmente anche i medici legali dei Patronati, gratuitamente, possono valutare correttamente il caso.
Se ne ricorrono i presupposti, si potrà inoltrare una “opposizione” al giudizio, ai sensi dell’art. 104 del T.U., con richiesta di visita collegiale per un incremento della percentuale e/o modifica della diagnosi. Ciò può essere fatto sia con l’assistenza di un patronato sia autonomamente inviando lettera raccomandata alla sede INAIL competente per territorio, di solito quella di residenza. Faccio rilevare nuovamente che l’opposizione è irricevibile dall’INAIL se non è corredata da un certificato medico che descrive le menomazioni e indica la percentuale di danno richiesta.
In questa fase è praticamente inutile l’assistenza di un avvocato perchè le sue possibilità operative, che devono essere peraltro comunque remunerate, sono identiche a quelle che vengono effettuate gratuitamente da un patronato.
MOTIVAZIONI DEL DISCONOSCIMENTO DELLA MALATTIA PROFESSIONALE
Le motivazioni per cui una richiesta di riconoscimento di malattia professionale viene rifiutata possono essere diverse, ma in genere è una delle seguenti quattro:
- non esiste la malattia denunciata,
- il rischio a cui è sottoposto il lavoratore non è in grado di provocare la malattia denunciata,
- la malattia denunciata non è di natura tecnopatica
- la documentazione acquisita è insufficiente per esprimere un parere medico-legale,
Nel primo caso l’INAIL ritiene che la malattia denunciata non esiste.
Come esempio possiamo riportare il caso dell’asbestosi; in questo caso gli accertamenti, a “parere dell’INAIL”, hanno documentato che vi è stato un errore diagnostico e che la patologia riscontrata è diversa dalla patologia indicata nel 1° certificato di malattia professionale o addirittura non esiste alcuna patologia. Ovviamente in questo caso il ricorso andrà corredato con ulteriore certificazione specialistica atta a dimostrare l’errore dell’INAIL (naturalmente se errore c’è stato).
Nel secondo caso, cioè la negazione dell’esistenza del rischio, l’INAIL, dopo aver valutato la storia lavorativa dell’assicurato e aver effettuato accertamenti appropriati tramite il proprio organo tecnico, la CONTARP, pur riconoscendo l’esistenza della malattia denunciata, ritiene che il rischio lavorativo a cui è stato sottoposto è insufficiente a provocare la specifica malattia. E’ un caso abbastanza frequente quando vengono denunciate sindromi da sovraccarico del rachide, tipo ernie discali, o degli arti; non infrequente neppure nella denuncia di tumori che si ritiene siano stati provocati da sostanze a cui è stato esposto il lavoratore. Anche in questo caso è possibile presentare ricorso/opposizione con le modalità sopra indicate, ma generalmente è più difficile ottenere un risultato positivo e spesso occorre iniziare un’azione legale.
Il terzo caso, cioè quando l’INAIL afferma che la malattia non è di natura tecnopatica, solo apparentemente è simile al precedente; l’INAIL riconosce lessitenza del rischio lavorativo, ma la malattia del lavoratore, valutato anche positivamente il rischio lavorativo, non è quella che ci si aspetta; le ipoacusie trasmissive, quindi da lesione del sistema di conduzione dei suoni e quindi non da esposizione a rumore intenso per molti anni, sono l’esempio più tipico. Anche in questo caso l’opera di un medico legale o di un esperto in medicina legale, eventualmente gratuitamente se ci si rivolge ad un patronato, può aiutare a valutare se sussistono i presupposti per opporsi al giudizio dell’INAIL.
Il quarto caso, quello per cui l’INAIL afferma di respingere il caso perchè “la documentazione è insufficiente”, direi che è il peggiore. Presentata la domanda, come accennato precedentemente, l’INAIL fa partire una procedura di accertamento del rischio tramite un organo tecnico chiamato CONTARP. Vengono pertanto acquisite informazioni provenienti dal libretto di lavoro, se esiste, o dall’archivio INPS o dal lavoratore al quale si chiede una descrizione completa e il più possibile minuziosa delle sue mansioni lavorative nella ditta o nelle ditte presso cui ha lavorato e quindi, “nota spesso dolente” vengono chieste le stesse informazioni al datore di lavoro.
Se il datore di lavoro è virtuoso tutto procede correttamente, ma se il datore di lavoro non risponde alle richieste dell’INAIL o, peggio, se la ditta è ormai cessata e non più rintracciabile, allora la CONTARP non è in grado di fornire una risposta sul rischio “tecnopatico” e quindi la pratica viene chiusa negativamente; raramente accade che la CONTARP, per eccesso di lavoro e scarsità di personale, ritardi a fornire risposte sul rischio all’area sanitaria e quindi la pratica viene chiusa ma in realtà può accadere che tale valutazione arrivi successivamente alla conclusione della procedura. In questo caso, in corso di opposizione, è possibile fare in modo che la malattia professionale venga riconosciuta, naturalmente se ne ricorrono gli altri requisiti. Ma in conclusione, se la ditta non risponde ai quesiti INAIL perchè non più esistente o perchè non virtuosa, allora in effetti raramente il caso viene chiuso positivamente, anche successivamente al ricorso. Se si vuol insistere nella richiesta l’azione legale sarà indispensabile.
In realtà esistono altre possibilità per cui può essere respinta la domanda, più rare, ma sostanzialmente la gestione di questi casi non può essere effettuta dal lavoratore.
Occorre una convergenza di competenze professionali di tipo amministrativo e di tipo medico-legale che può guidare il lavoratore per l’ottenimento del giusto risarcimento per la sua malattia professionale.
Solo come inciso, le competenze di cui sopra devono anche essere tali da discernere i casi in cui effettivamente la patologia che affligge il lavoratore non è stata provocata dalle mansioni a cui è stato addetto, scoraggiandolo correttamente dall’intraprendere o proseguire azioni che non possono condurre ad alcun risultato tangibile ed evitando false speranze e conseguenti cocenti delusioni.
FONTI:
Dott. Salvatore Nicolosi
Consulente Servizi Medicina Legale INCA-CGIL di Siracusa
Buongiorno ,
Scusi il disturbo… volevo chiederle se c’è un termine entro il quale Inail mi deve fissare la visita medica a seguito della mia controversia rispetto al primo riconoscimento di punti invalidità che mi ha assegnato.. abbiamo contestato e sono in attesa che mi chiamino per la visita .. ciò blocca anche L iter di richiesta risarcimento all assicurazione rc dell auto che mi ha investito tornando dal lavoro .. preciso che il contraddittorio L abbiamo aperto a dicembre 2019 e nonostante insolleciti ancora non ci fanno data di seconda visita con il mio medico di parte presente … ringrazio molto
Buonasera.
L’INAIL, nei suoi giudizi, si avvale sia di personale interno che di consulenti esterni, peraltro richiedendo informazioni anche al datore di lavoro.
In questo ovviamente possono intervenire delle criticità: informazioni incomplete da parte del datore di lavoro, informazioni “ritenute” incomplete da parte del lavoratore, convinzioni dello specialista consulente, uso nella relazione di termini ampiamente usati nella clinica ma che in medicina legale assumono significato differente, no corretta valutazione di una parte della documentazione, e tanto altro.
Oltretutto in alcune regioni questo tipo di “pratiche” vengono valutate non a livello locale ma a livello di sede regionale.
Nel caso specifico, peraltro, in tempo di emergenza COVID tanto si è fatto a distanza e questo può aggiungere criticità ulteriore.
Detto tutto ciò, è previsto che il lavoratore possa ricorrere avverso la decisione dell’INAIL con l’assistenza “obbligatoria” di un medico che assiste e tutela il lavoratore in occasione della visita collegiale; in quella sede tutta la documentazione che ha condotto al giudizio viene messa a disposizione e può essere contestata con la possibilità di modifica del giudizio stesso.
Un ricorso direi che è assolutamente fattibile e la possibilità di ottenere una modifica del giudizio non è affatto aleatoria.
Saluti
Buongiorno dottor Nicolosi,
sono un chirurgo di 48 anni in servizio per la Asl dal 2007. Dopo anni di turni massacranti, orari in eccedenza, problemi di gestione delle urgenze con gli altri reparti, soprattutto pronto soccorso che non filtra più i casi realmente chirurgici, la scorsa estate, essendo rimasti in tre medici turnanti, senza riposi, ho, purtroppo, sviluppato un disturbo dell’adattamento (burnout) definito dallo psichiatra ” avanzato”. La visita psichiatrica mi è stata prescritta dal medico competente che ha riconosciuto i sintomi e nei miei giudizi di idoneità è specificato il rischio da stress lavoro correlato. Inoltre, avendo io trascurato la situazione psicologica, che mi portava a vomitare e piangere, prima di ogni turno, ho sviluppato una brutta psoriasi con artrite psoriasica, arrivando a diagnosi a fine ottobre. Dopo due mesi di allontanamento forzato dal lavoro impostomi dallo psichiatra in accordo con il medico competente, mi è stato detto che non sarei potuta tornare presto al lavoro perché la patologia mi portava ad atteggiamenti aggressivi contro i colleghi e l’utenza. A febbraio ho quindi fatto domanda di malattia professionale all’ INAIL che mi ha chiesto una relazione dettagliata del mio excursus lavorativo e sanitario. Ho inviato una relazione allegando, oltre la documentazione sanitaria, anche un minuzioso resoconto dei turni, le ore in eccedenza e il carico di lavoro. Purtroppo con il problema Covid non mi hanno mai chiamato per valutarmi, ma, dopo due mesi mi hanno invitato una lettera con scritto che gli accertamenti effettuati consentono di escludere l’esistenza del nesso causale tra rischio lavorativo e la malattia denunciata, conconseguente archiviazione. In tutto questo io non ho idea di quale sia il nome del collega specialista che abbia valutato la relazione, perché la lettera è firmata da un amministrativo. Oltretutto si sono basati solo su una relazione, che, per quanto dettagliata, non esprime il mio stato psichico, non ancora stabilizzato, secondo lo psichiatra. Volevo chiederle se possono fare una cosa del genere, cioè respingere una richiesta senza visitarmi e senza che io conosca il nome del medico che ha così deciso. Posso, a parte fare ricorso, ovviamente, avere il nominativo del collega e rivalermi personalmente su di lui, se dovesse essermi in seguito riconosciuta la patologia?
Sono davvero disgustata, l’INAIL dovrebbe tutelare il lavoratore, invece ho l’impressione che non prendano neppure in considerazione alcune patologie.
Grazie in anticipo per la sua attenzione.
Buonasera.
1) a mia conoscenza ciò che conta è la data di presentazione dell’istanza;
2) comunque, l’essere in pensione non implica che l’istanza non possa essere trattata ed anche accolta.
Saluti
Buongiorno dottore
dunque io, sono un carpentiere in ferro, saldatore di 62 anni, ho già 21 punti Inail, sommati per infortunio alla mano, sul lavoro, avvenuto nel 1991, e per malattia professionale, nel 1998, (sordità, ipoacusia)… adesso a febbraio ho fatto aggravamento per la sordità, dopo l’ultimo nel 2013, perché la malattia si è accentuata e di parecchio, tanto che il medico del patronato, nella domanda ha chiesto 15 punti… allora io ad agosto 2020 dovrei andare in pensione, e visto il blocco di tutte le attività per il noto virus, se l’Inail mi chiamasse a fare la visita dopo settembre, quando sarò in pensione, è valida lo stesso la domanda? O ci saranno problemi? Grazie ebuona giornata
Buonasera.
L’INAIL rimmborsa solo ciò cha ha autorizzato preventivamemte, quindi per il materiale che ha acquistato non può fare alcuna richiesta.
Circa il problema ortopedico, occorre attendere la valutazione INAIL e poi presentare un ricorso con richiesta di collegiale,
In quella sede, con l’assistenza del medico che avrà redatto il certificato per il ricorso, potrà far valere le sue rimostranze.
Saluti
Buongiorno, vorrei un chiarimento su come procedere. Ad agosto 2019 ho avuto un infortunio sul lavoro, mi sono recata subito al pronto soccorso dove mi hanno fatto dei raggi al piede per vedere se avessi qualcosa di rotto ma non risultava nulla, nel referto era semplicemente scritto “al persistere della sintomatologia utile riesame clinico-strumentale” o una cosa simile, in più mi è stato certificato il fatto che mi fossi spezzata un dente nella stessa caduta. A seguito di questo sono stata a casa solo 3 giorni in quanto potevo lavorare seduta. Ho successivamente avviato le pratiche Inail per avere un rimborso sulla ricostruzione del dente. Mi è stato concesso. Al colloquio ho spiegato che il male al piede non mi era ancora passato ma non ci hanno dato importanza. Ad oggi (marzo 2020) devo ancora ricostruire il dente quindi la pratica non è ancora chiusa, ho chiamato per chiedere come dovevo comportarmi dato il male al piede che sta aumentando…mi hanno risposto che non possono più fare niente in quanto per loro la pratica è chiusa. Io per conto mio ho fatto una risonanza al piede ed è risultata un’infiammazione ed una lesione al legamento che non si aggiusterà più, quindi ho dovuto comprare una cavigliera e dei farmaci, ma sarà comunque un problema permanente. Come mi devo comportare? Dovrei contattare l’Inail per richiedere un rimborso per la cavigliera ecc o per riconoscere il problema che avrò per sempre? Oppure non c’è più nulla da fare?
Grazie mille per il vostro tempo
Alice
Buonasera.
Sicuramente deve essere indicata una motivazione, come indicato in questa pagina, anche se a volte è difficile capirla.
Ma a distanza dare un parere sulla fattibilità di un ricorso per una o entrambe le patologie è impossibile.
Tra l’altro, l’epicondilite e l’ernia discale sono due differenti patologie che vengono trattate dall’INAIL separatamente con due differenti numeri di pratica. Quindi se ha ricevuto una sola comunicazione, vuol dire che una delle 2 patologie non è stata riconosciuta come malattia professionale, anche se non è possibile capire quale. Dell’altra, se questo è il caso, bisogna attendere.
Solo un medico specialista o esperto in medicina legale che possa visitarla e consulatare tutta la documentazione può dare un parere. I patronati maggiori, ad esempio INCA-CGIL, EPASA-CNA, INAS-CISL, ed altri che ora non mi sovvengono, possono mettere a disposizione un professionista che può consigliare al meglio.
Saluti
Salve dottore, a novembre ho presentato domanda di malattia professionale per epicondilite ai gomiti (classificata modesta/severa dalla medicina del lavoro) e di ernia al disco, sono stato già a visita ed oggi mi è arrivata una pec come datore di lavoro essendo artigiano dove vi dice che in merito alla domanda di malattia professionale la stessa è stata definita negativamente. cosa vuol dire che non è stata accettata? non dovrebbero dare delle motivazioni? è il caso di oppormi?
grazie dottore per la sua correttezza e tempestività