LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20336/2010 proposto da: D.L.G., rappresentato e difeso dall’avvocato DAVIDE TARSITANO, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR PRESSO LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

– ricorrente –

contro

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I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE … OMISSIS… , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ALESSANDRO RICCIO, CLEMENTINA PULLI e MAURO RICCI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

– intimato –

avverso la sentenza n. 854/2009 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 06/08/2009 R.G.N. 1641/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/07/2016 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;
udito l’Avvocato CLEMENTINA PULLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’accoglimento del primo
motivo del ricorso, assorbito il secondo motivo, rigetto per il quarto motivo, inammissibilità per il terzo motivo del ricorso, in subordine rinvio alle sezioni unite civili (per il terzo motivo del ricorso).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza n. 854 del 2009, la Corte d’appello di Catanzaro, in riforma della sentenza del Tribunale di Vibo Valentia, che aveva riconosciuto a D.L.G. la pensione di inabilità e l’indennità di accompagnamento a decorrere dal 1 gennaio 2005, rigettava la domanda. A sostegno della decisione argomentava che i redditi del D.L., quali risultanti dai modelli CUD relativi agli anni 2004-2005, al lordo delle deduzioni previste dall’art. 10 del TUIR, superavano i limiti previsti per poter accedere al beneficio oggetto di causa.
Per la cassazione della sentenza D.L.G. ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi, cui ha resistito l’Inps con controricorso. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

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1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 329 c.p.c., comma 2, e art. 112, e lamenta che la Corte d’appello abbia riformato integralmente la sentenza di primo grado, nonostante essa fosse stata oggetto di impugnazione parziale e solo con riferimento al capo relativo al riconoscimento della pensione d’ invalidità civile, non anche a quello con cui era stato riconosciuto il diritto all’indennità di accompagnamento.
2. Con il secondo motivo, deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 18 del 1980, art. 1, della L. n. 118 del 1971, art. 12 comma 2, e della L. n. 153 del 1969, art. 26, e sostiene che ai fini del riconoscimento dell’indennità di accompagnamento non è necessaria la sussistenza di requisiti reddituali.
3. Con il terzo motivo, deduce violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 663 del 1979, art. 14 septies, comma 6, introdotto dalla legge di conversione n. 33 del 1980, e lamenta che la Corte d’appello abbia valorizzato il reddito nell’ammontare che risulta dalla certificazione reddituale, prima di effettuare la deduzione ai sensi dell’articolo 10 bis del Testo unico delle imposte sui redditi, laddove invece dev’essere preso in considerazione il reddito imponibile ai fini Irpef che rimane effettivamente disponibile al contribuente, e quindi al netto degli oneri deducibili, che nel caso era notevolmente inferiore a quello assunto dai giudici d’appello.
4. Con il quarto motivo, deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., nn. 3 e 4, nonchè dell’art. 18 disp. att. c.p.c., e sostiene che la sentenza della Corte d’appello non rispetterebbe i canoni legislativamente previsti, in quanto non indica le conclusioni riportate dalle parti, nè lo svolgimento del processo, nè le ragioni della decisione.
5. Il primo motivo è fondato.
Dall’esame degli atti – possibile in quanto il ricorso rispetta i canoni di specificità imposti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, nel senso chiarito da Cass. S.U. n. n. 8077 del 2012 – emerge che oggetto del ricorso in appello dell’Inps era stato solo il fatto che il Tribunale avesse riconosciuto al D.L. la pensione di invalidità, pur nell’insussistenza dei relativi requisiti reddituali. Il capo della sentenza del Tribunale con il quale era stata riconosciuta l’indennità di accompagnamento, estraneo al gravame, era quindi divenuto definitivo.
6. Il secondo motivo resta assorbito per effetto dell’accoglimento del primo.
7. Fondato è anche il terzo motivo.
7.1. Il D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14 septies, convertito con modificazioni nella L. 29 febbraio 1980, n. 33, al comma 4, nel rimandare all’art. 8 del d.l. n. 30 del 1974, prevede che il reddito da considerare in tema di provvidenze in tema di invalidità civile è quello calcolato agli effetti dell’IRPEF. Il comma 7, aggiunto dal D.L. 28 giugno 2013, n. 76, ha previsto poi che “Il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità in favore dei mutilati e degli invalidi civili, di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 12, è calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell’IRPEF, con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte”.
La L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 26, sulla revisione degli ordinamenti pensionistici, cui rimanda la L. n. 118 del 1971, art. 12, comma 2, fa poi riferimento al reddito assoggettabile all’imposta sul reddito delle persone fisiche, con esclusione degli assegni familiari e del reddito della casa di abitazione.
7.2. La questione in scrutinio è se il reddito cui occorre fare riferimento per la pensione d’invalidità civile è quello “imponibile” e cioè, secondo la formulazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 3, (TUIR), la base imponibile da assoggettare a tassazione ai fini Irpef, costituita dal reddito complessivo del contribuente al netto degli oneri deducibili indicati nell’art. 10 del TUIR (quali tra gli altri le spese mediche, gli assegni periodici corrisposti coniuge legalmente separato, i contributi assistenziali e previdenziali), ovvero il reddito lordo, comprensivo di tali oneri.
7.3. Ritiene questo Collegio, condividendo la soluzione adottata con la sentenza n. 4158 del 22 marzo 2001 e più di recente con l’ordinanza n. 11582 del 2015, ma disattendendo la contraria soluzione adottata con l’ordinanza n. 4223 del 2012, che debba essere preferita la prima soluzione.
Ed invero, milita in favore di tale conclusione l’osservazione che nell’ambito del sistema previdenziale ed assistenziale, è il legislatore che nelle diverse fattispecie individua quale debba essere il reddito rilevante al fine del diritto ad una determinata prestazione. In tale sistema, è infatti lo stesso legislatore che nella L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 26, sopra richiamato, ha escluso dal reddito computabile gli assegni familiari e il reddito della casa di abitazione.
E’ poi proprio la funzione cui assolve il sistema assistenziale, di sostegno a fronte di una situazione di bisogno, che impone, ove non sia previsto diversamente, di fare riferimento al reddito di cui l’assistibile abbia effettiva disponibilità. Come ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza 15-06-2005, n. 12796, infatti, nei suddetti benefici assumono rilievo il grado di bisogno della persona protetta, garantito dall’art. 38 Cost., e la sua capacità contributiva, valevole in generale ai sensi dell’art. 53 Cost..
Inoltre, quando il legislatore ha inteso includere nel computo del reddito per una prestazione assistenziale anche il reddito esente da imposta, lo ha fatto espressamente (come è avvenuto nel caso della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 6, che, con riguardo ai limiti di reddito previsti per l’assegno sociale, ha previsto che: “Alla formazione del reddito concorrono i redditi, al netto dell’imposizione fiscale e contributiva, di qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, nonchè gli assegni alimentari corrisposti a norma del codice civile”) (così ord. 11582/2015).
7.4. Non induce a diverso avviso la considerazione che il D.M. 31 ottobre 1992, n. 553, emanato in virtù della delega contenuta nella L. 29 dicembre 1990, n. 407, art. 3, comma 2, (avente ad oggetto Disposizioni diverse per l’attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993) abbia stabilito all’art. 2 che “nella dichiarazione di cui all’art. 1 debbono essere denunciati, al lordo degli oneri deducibili e delle ritenute fiscali, i redditi di qualsiasi natura, assoggettabili all’I.R.P.E.F. o esenti da detta imposta”. Tale regolamento individua infatti gli oneri formali cui il richiedente la prestazione deve assolvere, e non può rivestire alcun carattere interpretativo in ordine alla portata del requisito reddituale.
Nè il riferimento ai “redditi assoggettabili” all’Irpef, piuttosto che ai “redditi assoggettati”, può assumere il significato di includere la parte che afferisce agli oneri deducibili, considerato che il primo inciso ha riguardo alla natura qualitativa (assoggettabile o meno ad imposta) del cespite patrimoniale, non al suo ammontare (al netto o al loro degli oneri deducibili).
8 In definitiva, è da ritenere che il limite di reddito per conseguire il diritto alla pensione di inabilità civile, di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 12, dev’ essere calcolato con riguardo alla base imponibile ai fini Irpef, al netto degli oneri deducibili indicati nell’art. 10 del TUIR.
9. Segue la cassazione della sentenza in relazione ai motivi accolti ed il rinvio per nuovo esame, ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Reggio Calabria.

PQM
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio, alla Corte d’appello di Reggio Calabria.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2016

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