Indennizzo in capitale del danno biologico in ambito di infortuni sul lavoro e malattie professionali
L’indennizzo in capitale del danno biologico è previsto per gli infortuni o malattie professionali avvenuti o denunciate dopo il 25/07/2000.
I danni fisici conseguenti all’infortunio o alla malattia professionale (più tecnicamente, i “postumi”), se vengono valutati con una percentuale compresa tra il 6% e il 15%, secondo la tabella prevista dal Decreto Legislativo 38/2000, vengono considerati esclusivamente “danno biologico” ed indennizzati in capitale, cioè con un indennizzo “una tantum” che, oltre che dalla percentuale stessa, dipende anche dall’età.
E’ con l’articolo 13 del DL 38/2000 che si è rivoluzionato il sistema indennitario degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali.
I danni inferiori al 6% sono invece considerati “franchigia”, quindi non danno diritto ad alcun risarcimento, ma possono essere eventualmente cumulati, secondo criteri particolari, con altre menomazioni provocate da altri eventi infortunistici o altre malattie professionali.
Il sistema di quantificazione dell’indennizzo prevede l’uso di una tabella delle menomazioni, contenente la valutazione di 387 menomazioni con le relative percentuali di riferimento, ed una tabella del valore dei punti percentuali che avevano valore diverso a seconda del sesso e dell’età del lavoratore, quindi assolutamente sganciati dalla retribuzione; il valore dei punti cresce se il lavoratore è più giovane, perchè dovrà sopportare il danno per un tempo maggiore, ed è stato superiore nelle donne, a parità di percentuale, perché l’attesa statistica di vita è maggiore, ma solo per gli eventi avvenuti fino al 31 dicembre 2018. A partire dal 1° gennaio 2019 la differenza di genere è stata abolita e l’indennizzo è uguale nei 2 sessi; contestalmente l’indennizzo è aumentato in modo significativo, naturalmente, vista l’unificazione, in misura maggiore per gli uomini.
In QUESTA pagina le cifre previste come indennizzo per percentuali di danno biologico comprese tra il 6% e il 15%.
Per inciso, il DL 38/2000 definisce il danno biologico come “la lesione dell’integrità psico-fisica suscettibile di valutazione medico-legale“.
La percentuale riconosciuta può essere revisionata sia dall’Istituto che su richiesta dell’Assicurato, ma, se la percentuale è compresa tra il 6% ed il 15%, non può essere ridotta, a meno che non venga “assorbita” da un nuovo infortunio, ma la nuova percentuale totale non può essere inferiore alla precedente.
Il lavoratore che abbia percepito un indennizzo in capitale può fare una sola domanda di aggravamento con esito positivo. Ulteriori domande di aggravamento (revisioni passive) possono essere fatte, ma daranno luogo a riconoscimenti economici solo se la percentuale riconosciuta supererà la soglia del 15% (con il riconoscimento di una rendita).
Può accadere che alla fine della malattia il grado di inabilità o di danno biologico provocato dagli esiti delle lesioni patite in occasione dell’infortunio non siano ancora ben stabilizzati. In questo caso la valutazione viene sospesa e l’Istituto si riserva di effettuarla successivamente, addirittura fino ad 1 anno. A questa determinazione dell’INAIL non può essere fatta opposizione: si può solo attendere.
All’articolo 15, comma 8 del D.lgs 38/2000 però è precisato che:
“… Quando per le condizioni della lesione non sia ancora accertabile il grado di menomazione dell’integrità psicofisica e sia, comunque, presumibile che questa rientri nei limiti dell’indennizzo in capitale, l’istituto assicuratore può liquidare un indennizzo in capitale in misura provvisoria, dandone comunicazione all’interessato entro trenta giorni dalla data di ricevimento del certificato medico constatante la cessazione dell’inabilità temporanea assoluta, con riserva di procedere a liquidazione definitiva non prima di sei mesi e non oltre un anno dalla data di ricevimento del predetto certificato medico. In ogni caso l’indennizzo definitivo non può essere inferiore a quello provvisoriamente liquidato. …”
In sostanza l’INAIL se prevede che la menomazione sarà tale da rientrare in una percentuale di danno biologico compresa tra il 6% e il 15%, può procedere ad un indennizzo provvisorio, e in questo caso ho rilevato che più spesso viene erogato l’indennizzo minimo previsto, cioè quello per il 6%. Alla definitiva valutazione eventualmente verrebbe erogata la differenza tra quello già percepito e quanto invece dovrebbe ricevere come danno biologico indennizzato in capitale.
IL RICORSO.
Se le valutazioni espresse dall’INAIL sono considerate inadeguate dall’infortunato o dal tecnopatico (soggetto con malattia professionale), è possibile presentare una opposizione amministrativa, con l’ausilio di un certificato medico che quantifichi, secondo una corretta criteriologia medico-legale, la maggiore percentuale richiesta.
Tale opposizione, effettuata secondo le indicazione dell’art. 104 del TU dovrebbe essere presentata entro 60 giorni dal ricevimento del provvedimento INAIL, ma in verità, grazie ad accordi INAIL-Patronati intercorsi negli anni precedenti, questo limite può essere superato abbondantemente senza conseguenze. Non è una cattiva idea quindi chiedere l’assistenza di un Patronato che metterà a disposizione la propria struttura amministrativa e un medico legale per l’inoltro del ricorso.
Da precisare che l’INAIL non accoglie le opposizioni effettuate sulle valutazioni provvisorie di danno biologico e rigetta le richiesta di visita collegiale. In qualche testo, soprattutto tra quelli pubblicati da enti di patronati, viene consigliato, se si ritiene invece che le condizioni del lavoratore permettono di accertare già il grado di menomazione psicofisica, di effettuare opposizione con richiesta di collegiale specificando tale motivazione. Non ho esperienze positive in tal senso.
Succesivamente al ricorso viene, nella stragrande maggioranza dei casi, effettuata una visita “collegiale” durante il quale il caso verrà discusso dal medico dell’INAIL e dal medico del lavoratore.
Se il giudizio precedente viene confermato e la visita collegiale si chiude con un verbale discorde, è facoltà del lavoratore adire alle vie legali presso il Tribunale del Lavoro.
Il ricorso giudiziario può essere intentato direttamente dal lavoratore, ovviamente con l’assistenza indispensabile di un avvocato e quella, utilissima ma da un punto di vista procedurale non indispensabile, di un medico-legale.
In alternativa, i Patronati più importanti hanno la possibilità di mettere a disposizione avvocato e medico-legale; in questo caso generalmente le spese di giudizio saranno molto inferiori al caso precedente.
Dott. Salvatore Nicolosi
Consulente servizi medicina legale INCA-CGIL della provincia di Siracusa
Buonasera.
Mi sembra molto strano quello che lei mi dice.
I 500 Euro io li capirei se stessimo parlando, anche con il patronato, di ricorso legale, cioè di una causa per cui serve una perizia medico-legale, occorre andare alla visita dal CTU disposta dal giudice, ecc.
I ricorsi amministrativi con richiesta di collegiale che faccio io con il patronato sono TOTALMENTE GRATUITI; io vengo pagato dal patronato.
E la mia non è una eccezione; a mia conoscenza in ambito di patronato è così che deve essere.
E’ possibile che l’avvocato stesse parlando del ricorso legale, da attivare in caso di mancato accoglimento del ricorso amministrativo.
Se così non fosse … cambi patronato.
Saluti
Dottore mi perdoni le faccio un’ultimissima domanda: il ricorso tramite patronato e’ totalmente gratuito? Perche l’avvocato del patronato mi diceva che la perizia medico legale costa sui 500€, e prima di procedere voleva appunto farmi fare una valutazione dal medico legale che poi ho fatto subito dopo essere stato dall’avvocato. Ma il medico legale non mi ha parlato di soldi. Mi ha semplicemente dato appuntamento al 1 giugno per fare il ricorso, perche in questi giorni voleva informarsi bene su questa questione delle mansioni. Mi sembra un po strano che mi abbia parlato di soldi, io sapevo che almeno il primo ricorso e’ gratuito e non bisogna pagare la visita medico legale. Grazie mille dottore
Buongiorno.
Non è possibile iniziare un causa contro il giudizio INAIL di negato riconoscimento di MP se prima non si è espletato il ricorso in collegiale. Esiste cioè una procedura da rispettare.
In questo caso lei potrà scegliere di fare la causa solo se, e comunque dopo, il ricorso non ha portato al riconoscimento.
La causa è effettivamente un pò lunga, ma per adesso comunque non può neppure iniziarla. Al momento opportuno. se necessario, si deciderà
Saluti
Lei mi consiglia quindi di fare un semplice ricorso o direttamente un’azione legale seguito da un avvocato? Posso sapere i tempi sia del ricorso e sia dell’azione legale circa? Presumo che la seconda sia piu lunga e bisogna aspettare tempi piu lunghi prima di avere l’esito della causa. Grazie gentilissimo
Buonasera.
In teoria l’INAIL non si sarebbe dovuta accontentare del contratto di lavoro, ma avrebbe docuto chiedere informazioni all’azienda sulle sue specifiche mansioni, inviando allazienda stessa un qustionario specifico per la movimentazione manuale dei carichi.
La procedura infatti prevede che il loro organo tecnico, CONTARP, accerti il rischio e ciò avviene appunto chiedendo informazioni al datore di lavoro; sarebbe da capire cosa ha scritto il datore di lavoro nel questionario a loro inviato. Se la sua amministrazione ha conservato una copia, potrebbe essere utile averla per facilitare il lavoro del collega che effettuerà il ricorso.
Mi risulta che gli accordi con l’azienda circa gli incentivi all’esodo non hanno alcun rapporto con le denunce di malattia professionale e con l’iter previsto per il riconoscimento (il ricorso fa parte di questo iter); in questo caso la sua controparte non è l’azienda, ma l’INAIL con cui lei non ha fatto nessun accordo, ma non potrebbe neppure se volesse in quanto le funzioni dell’INAIL sono indicate dalla legge e questi accordi non possono essere fatti.
Saluti
Sono certo che lo ha fatto
Buongiorno dottore, volevo farle gentilmente due domande molto importanti per me: ho un ernia lombare espulsa, due mesi fa ho fatto richiesta all’inail per malattia professionale ma due giorni fa mi e’ arrivato l’esito ed è stato negativo….mi hanno bocciato la pratica perche dicono che la malattia denunciata non e’ compatibile con il mio lavoro (è assurdo,perche sul contratto di lavoro c’e’ scritto ADDETTO ALLE OPERAZIONI AUSILIARIE ALLA VENDITA,che leggendo sul ccnl commercio art.100, dice che posso fare l addetto vendita,il magazziniere, il cassiere,sistemare i reparti,movimentazione fisica della merce ecc.ecc.). Ora sono andato al patronato e parlando con il medico legale e l’avvocato facciamo ricorso, mi hanno detto che mi hanno bocciato la pratica semplicemente perche secondo l’inail sono un normale addetto vendita, quindi in teoria ,proviamo ad attaccarci al cavillo OPERAZIONI AUSILIARIE ALLA VENDITA come scritto poco fa. Secondo lei ho una possibilita’ di vincere il ricorso? Ho un ernia espulsa L5-S1 e altre due protrusioni. Ho anche problemi neurologici alle gambe dovuti alla compressione dei nervi. Un ultima domanda la prego importantissima: se la mia azienda mi facesse firmare un accordo di incentivo all’esodo,dove mi fanno firmare che io non avro’ piu nulla a che pretendere da loro e quindi non potro’ fare nessun azione legale nei loro confronti, posso fare lo stesso il ricorso all’INAIL anche dopo essere “uscito” dall’azienda? Ho sentito pareri discordanti riguardo questa questione.
Grazie mille Dottore
Buonasera.
La causa viene vinta, indipendentemente dalla cifra dell’indennizzo, se si dimostra che il datore di lavoro ha avuto una responsabilità nell’accadimento dell’infortunio, o come fatto attivo (ha ordinato di effettuare un compito pericoloso non di sua competenza, ad esempio) o come fatto omissivo (non ha effettuato una manutenzione o non ha attivato i sistemi di sicurezza obbligatori, ad esempio).
Circa l’opportunità “economica”, la decisione di procedere a richiesta di risarcimento e quindi poi ad azione legale se necessario, a mio parere non può essere presa con completa cognizione se manca una valutazione medico legale del danno subito da cui poi il suo avvocato deriverebbe l’effettiva richiesta risarcitoria.
Intendo dire che la cifra del risarcimento viene calcolata secondo la percentuale di danno biologico riconoscibile utilizzando le tabelle valutative medico legali sul danno biologico in ambito di responsabilità civile.
Quindi già si conosce la cifra erogata dall’INAIL, si calcola quanto prevedibilmente potrebbe essere riconosciuto come responsabilità del datore di lavoro, tenendo anche conto di un certo margine per eventuali tentativi di accordo, e da questo poi si ottiene per sottrazione quanto spetterebbe alla fine. In fondo si deve valutare se comunque ne varrebbe la pena.
L’atteggiamento del suo avvocato, che si aspetta un certo tipo di comportamento del perito della compagnia assicurativa del datore di lavoro, in assenza di una valutazione medico legale seria, non mi convince del tutto … ma a distanza in fondo è difficile giudicare con serenità.
Saluti
Gentilissimo dottore l’ipotesi e la seconda quindi il differenziale. Quello che mi spaventa e che il mio legale ha detto che il perito dice: hai avuto l’indennizzo inail sei stato soddisfatto e non pagherebbe la differenza esponendo il danneggiato ad una causa civile. E possibile un fatto del genere? E in questo caso a Vostro parere potre io perdere una causa del genere? Grazie infinite e salutissimi.
Buonasera.
Dipende se stiamo parlando di una polizza infortuni che il suo datore di lavoro ha stipulato in favore dei suoi dipendenti oppure se lei ha intenzione di chiedere un risarcimento al suo datore di lavoro, a sua volta assicurato.
Nel caso della polizza infortuni dipende dal contratto che il suo datore di lavoro ha stipulato con l’assicurazione. Quindi occorre leggere proprio le “condizioni di assicurazione”.
Se lei ha invece intenzione di rivalersi sul datore di lavoro chiedendo un risarcimento danni, allora siamo nell’ambito della cosiddetta “responsabilità civile” per il quale è previsto il cosiddetto “danno differenziale”. In questo caso quello che viene messo nel piatto è la differenza tra quanto ha erogato l’INAIL e quanto invece spetterebbe all’infortunato in caso di incidente extra-INAIL.Peraltro in questi casi l’INAIL attiva la cosiddetta “surroga”, cioè l’assicurazione risarcirebbe a lei con la differenza e all’INAIL con quanto già pagato.
Circa la percentuale, le tabelle non sono uguali, quindi la valutazione può essere diversa, in più o in meno, a seconda dei vari casi.
Saluti
Se poi si parla
Buonasera.
Questo tipo di pratica può essere avviato solo tramite un patronato con esperienza e ben organizzato.
Lei non avrà alcuna sanzione, ma, se l’infortunio venisse accettato, il periodo di malattia di competenza INAIL non verrebbe pagato. Piuttosto, sarebbe il datore di lavoro che verrebbe sanzionato se si dimostra che sapeva dell’infortunio ma non lo ha denunciato.
Saluti