Nota AIFA 79
Alendronato, Alendronato + Vit. D, Risedronato, Ibandronato, Zolendronato,
Denosumab, Romosozumab
Teriparatide, Abaloparatide
Raloxifene, Bazedoxifene
DETERMINA AIFA 13 febbraio 2025
Con Determina AIFA 13 febbraio 2025 è stata modificata la nota 79.
La prescrizione a carico del SSN è limitata alle seguenti condizioni di rischio di frattura osteoporotica:
- Prevenzione secondaria in soggetti con pregresse fratture osteoporotiche
- Fratture vertebrali o di femore
Condizione | Trattamento I sceltaa | II scelta | III scelta |
1-2 frattureb | Alendronato (± vit.D), Risedronato, Zoledronatod | Denosumabe lbandronato, Raloxifene, Bazedoxifene | |
≥ 3 fratture | Teriparatideg | Denosumabe Zoledronatod | Alendronato (± vit.D) Risedronato, Ibandronato |
≥1 frattura + T-score colonna o femorec ≤ -4 | |||
≥1 frattura + trattamento > 12 mesi con prednisone o equivalenti ≥ 5 mg/die | |||
Nuova frattura vertebrale o femorale nonostante trattamento in Nota 79 da almeno 1 anno | |||
Pazienti di sesso femminile in postmenopausa con T-score colonna o femore <-2,5 e > -5.0 (T-score <-2,0 e > -5.0 se di età superiore a 65 anni) + 2 fratture vertebrali lievi o almeno 1 moderata o storia di frattura ad avambraccio, omero, sacro, pelvi, anca, femore, o tibia negli ultimi 5 anni. | Abaloparatideh | ||
Pazienti di sesso femminile con T-score colonna o femore <-2,5 (<-2,0 se ≥2 fratture vertebrali moderate o gravi oppure se frattura femorale nei 2 anni precedenti) + anamnesi ≥1 fratture vertebrali moderate o gravi oppure ≥2 fratture vertebrali lievi oppure frattura femorale + rischio di frattura a 10 anni (determinato con calcolatore validato) elevato ≥20% + impossibilità a seguire altri trattamenti efficaci (intolleranza, inefficacia o scadenza del periodo di impiego autorizzato) | Romosozumabf per max 12 mesi, seguito da farmaci antiriassorbitivi (bisfosfonati o denosumab) |
- Fratture non vertebrali e non femorali
+ T-score colonna o femore ≤-3 | Alendronato (± vit.D), Risedronato, Zoledronatod | Denosumabe lbandronato, Raloxifene, Bazedoxifene | |
Pazienti di sesso femminile con T-score colonna o femore <-2,5 + anamnesi ≥2 fratture non vertebrali + rischio di frattura a 10 anni (determinato con calcolatore validato) elevato ≥20% + impossibilità a seguire altri trattamenti efficaci (intolleranza, inefficacia o scadenza del periodo di impiego autorizzato) Pubblicità | Romosozumabf per max 12 mesi, seguito da farmaci antiriassorbitivi (bisfosfonati o denosumab) |
- Prevenzione primaria in donne in menopausa o uomini di età ≥50 anni a rischio elevato di frattura a causa di almeno una delle condizioni sottoelencate:
Condizione | I sceltaa | II scelta | III scelta |
Trattamento in atto o previsto per >3 mesi con prednisone equivalente ≥5 mg/die | Alendronato (± vit.D), Risedronato, Zoledronatod | Denosumabe | —– |
Trattamento in corso di blocco ormonale adiuvante in donne con, carcinoma mammario o uomini con carcinoma prostatico | Alendronato (± vit.D), | —- | —- |
T-score colonna o femorec ≤-4 | Alendronato (± vit.D), Risedronato, | Denosumabe Zoledronatod lbandronato, Raloxifene, Bazedoxifene | |
T-score colonna o femorec ≤-3 + almeno una delle seguenti condizioni:
|
a Il passaggio dalla prima scelta del trattamento alle successive richiede la presenza di intolleranza, incapacità di assunzione corretta, effetti collaterali o controindicazioni al farmaco della classe precedente o, nel caso di teriparatide/abaloparatide, la fine del periodo di trattamento massimo consentito. Da valutarsi la modifica della scelta terapeutica anche in caso di frattura osteoporotica vertebrale o di femore nonostante trattamenti praticati per almeno un anno con i farmaci della classe precedente.
b Ai fini dell’applicazione della Nota la diagnosi di frattura vertebrale si basa sul criterio di Genant (riduzione di almeno una delle altezze vertebrali di almeno il 20%) mentre per il romosozumab – in aderenza alle caratteristiche della popolazione studiata – si attribuisce un valore decisionale diverso per le fratture lievi o per le fratture di severità moderata o grave.
c Per l’applicazione della Nota 79, la valutazione densitometrica deve essere fatta a livello di colonna lombare e/o femore con tecnica DXA presso strutture pubbliche o convenzionate con il SSN.
d Lo zoledronato è prescrivibile e somministrabile solo in strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate.
e Per il denosumab la Nota si applica su diagnosi e piano terapeutico della durata di 12 mesi, rinnovabile, da parte di medici specialisti (internista, reumatologo, geriatra, endocrinologo, ginecologo, ortopedico, nefrologo, oncologo e specialista in medicina fisica e riabilitativa), Universitari o delle Aziende Sanitarie.
f Per il romosozumab la Nota si applica (in soggetti di sesso femminile) su diagnosi e piano terapeutico fino alla durata massima di 12 mesi non rinnovabile, su prescrizione di centri ospedalieri o di medici specialisti (internista, reumatologo, endocrinologo, ginecologo, geriatra, ortopedico, fisiatra, nefrologo).
g Per teriparatide la Nota si applica su diagnosi e piano terapeutico, della durata di 6 mesi rinnovabile per ulteriori periodi di 6 mesi per non più di tre volte (per un totale complessivo di 24 mesi), su prescrizione di centri ospedalieri o di medici specialisti (internista, reumatologo, endocrinologo, ginecologo, geriatra, ortopedico, fisiatra, nefrologo).
h Per abaloparatide la Nota si applica su diagnosi e piano terapeutico, della durata di 6 mesi rinnovabile per ulteriori periodi di 6 mesi per non più di due volte (per un totale complessivo di 18 mesi), su prescrizione di centri ospedalieri o di medici specialisti (internista, reumatologo, endocrinologo, ginecologo, geriatra, ortopedico, fisiatra, nefrologo).
CONSIDERAZIONI GENERALI
- Prima di avviare la terapia con i farmaci sopraindicati, in tutte le indicazioni è raccomandato un adeguato apporto di calcio e vitamina D, ricorrendo, ove dieta ed esposizione solari siano inadeguati, a supplementi con sali di calcio e colecalciferolo o calcifediolo1. È stato documentato che la carenza di vitamina D può vanificare in gran parte l’effetto dei farmaci per il trattamento dell’osteoporosi2,3. La prevenzione delle fratture osteoporotiche dovrebbe anche prevedere un adeguato esercizio fisico, la sospensione del fumo e l’eliminazione di condizioni ambientali e individuali favorenti i traumi.
- La prescrizione va fatta nel rispetto delle indicazioni e delle avvertenze della scheda tecnica dei singoli farmaci.
- Poiché tutti principi attivi non sono privi di effetti collaterali va attentamente valutato il rapporto vantaggi e rischi terapeutici.
BACKGROUND
Il trattamento dell’osteoporosi deve essere finalizzato alla riduzione del rischio di frattura4.
I provvedimenti non farmacologici (adeguato apporto di calcio e vitamina D, attività fisica) la eliminazione di fattori di rischio modificabili (fumo, rischi ambientali di cadute) non hanno controindicazioni e possono quindi essere raccomandati a chiunque.
Prima di avviare un trattamento farmacologico dell’osteoporosi vanno inoltre praticati gli accertamenti appropriati di diagnostica differenziale4 ed escluse eventuali forme secondarie, che potrebbero beneficiare della sola rimozione della causa primitiva.
L’utilizzo di farmaci è sempre associato a potenziali rischi per cui il loro utilizzo deve essere riservato ai pazienti a rischio più elevato di frattura, che risultano essere gli unici per i quali esiste una adeguata documentazione di efficacia. L’utilizzo di farmaci è anche condizionato dal rapporto tra vantaggi e svantaggi la cui stima individuale è spesso complessa e quella sociale deve tener conto di aspetti di farmaco-economia. La Nota 79 prevede il trattamento farmacologico dell’osteoporosi a carico del SSN per pazienti con rischio di frattura sufficientemente elevato da rendere il Number Needed to Treat per prevenire un evento fratturativo ragionevolmente accettabile e giustificare gli inevitabili rischi connessi a trattamenti di lungo termine.
La valutazione del rischio di frattura e quindi la definizione di una soglia di intervento sono complicate dall’interagire di più fattori di rischio per frattura, oltre che dal diverso profilo di efficacia, di aderenza e di sicurezza ed infine dal diverso costo dei farmaci disponibili.
L’efficacia anti-fratturativa di tutti i prodotti inclusi nella Nota è stata prevalentemente dimostrata in pazienti con una storia pregressa di frattura, soprattutto se vertebrale o femorale, e/o riduzione della densità ossea valutata mediante DXA (studi FIT, VERT, BONE, FREEDOM, FPT, ARCH). Per tali motivi appare prima di tutto giustificato il trattamento in prevenzione secondaria di soggetti con pregresse fratture vertebrali o femorali e soggetti con fratture non vertebrali o non femorali con dimostrata riduzione della densità ossea.
All’interno di questa categoria risultano a rischio estremamente alto soggetti con fratture multiple, soggetti in cui la frattura si associa a una riduzione marcata della densità ossea o a terapia cortisonica, o soggetti con nuove fratture vertebrali o femorali manifestatesi dopo un congruo periodo di terapia con altri farmaci. Ai fini dell’applicazione della Nota, la diagnosi di frattura vertebrale si basa in genere sul criterio base di Genant (riduzione delle altezze vertebrali di almeno il 20%). Per quanto riguarda invece la prescrizione di romosozumab (dove lo studio principale ha attribuito un peso diverso alle fratture vertebrali lievi) la Nota viene applicata attribuendo un valore maggiore alle fratture vertebrali di tipo grave o moderato.
In prevenzione primaria, cioè prima del manifestarsi di una complicanza fratturativa osteoporotica nelle donne post-menopausali e nei maschi di età ≥50 anni la definizione di una soglia di intervento è complicata dall’interazione di più fattori di rischio, non solo densitometrici, oltre che dalla minor documentazione di efficacia dei farmaci disponibili. È opportuno che tutti questi fattori siano accuratamente valutati prima di intraprendere o meno un trattamento. Vi sono anche fattori di rischio (fumo, abuso di alcool) che, in quanto modificabili, sono tuttavia esclusi dal calcolo del rischio ai fini della prescrivibilità di farmaci a carico del SSN.
Dall’analisi di studi epidemiologici di grandi dimensioni è stato possibile sviluppare algoritmi matematici ed informatici per la stima del rischio delle principali fratture da fragilità (vertebre, femore, omero, polso) nei successivi 10 anni, basata sulla valutazione densitometrica in combinazione con i fattori di rischio di frattura meglio conosciuti (es. FRAX®). Uno strumento analogo chiamato DeFRA, derivato dal FRAX® ma che ne supera alcuni limiti intrinseci e consente una considerazione più accurata dei fattori di rischio, è stato sviluppato in Italia dalla Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie Metaboliche dello Scheletro (SIOMMMS) e dalla Società Italiana di Reumatologia (SIR)5 In attesa di una verifica dell’applicabilità nella pratica clinica di tali algoritmi matematici informatizzati, una ragionevole semplificazione è la loro espressione con diagrammi di flusso, che prevedano la valutazione integrata ed inequivocabile dei maggiori fattori di rischio per frattura.
Il fattore densitometrico è stato semplificato mediante il ricorso a due soglie densitometriche DXA a livello di colonna o di femore, con rischio paragonabile a quello dei soggetti con pregresse fratture: T score ≤-4.0 in assenza di altri fattori di rischio o ≤-3.0 se associato ad ulteriori importanti fattori di rischio quali familiarità per fratture vertebrali o femorali e presenza di comorbilità dimostratesi associate di per sé ad un aumento del rischio di frattura (artrite reumatoide e altre connettiviti, diabete, broncopneumopatia cronica ostruttiva, malattie infiammatorie croniche intestinali, AIDS, m. di Parkinson, sclerosi multipla, grave disabilità motoria)6,7.
Si ricorda, al fine di evitarne un uso inappropriato, che le indicazioni all’esecuzione della densitometria sono limitate e definite dalle linee guida per la diagnosi, prevenzione e terapia dell’Osteoporosi4 e dai Livelli Essenziali di Assistenza. Una condizione di rischio di frattura elevato è stata documentata anche per i pazienti in trattamento cortisonico cronico, indipendentemente dalla condizione densitometrica. La documentazione di efficacia nell’osteoporosi cortisonica per alcuni farmaci giustifica pertanto l’estensione della Nota 79 a donne postmenopausali e uomini di oltre 50 anni in trattamento con dosi medio-elevate di corticosteroidi.
Analogamente, le terapie con inibitori dell’aromatasi utilizzate per prevenire le recidive di carcinoma della mammella o la deprivazione androgenica nel trattamento del carcinoma della prostata avanzato, modificando un assetto ormonale fondamentale per il controllo del rimodellamento osseo, accelerano la perdita ossea e aumentano il rischio di frattura. Vari trial randomizzati hanno dimostrato che i bisfosfonati e il denosumab sono in grado di prevenire la perdita ossea indotta da queste terapie e potrebbero avere anche un ruolo adiuvante8.
Evidenze disponibili di efficacia dei farmaci
In soggetti anziani, in particolare istituzionalizzati, sono disponibili documentazioni di efficacia nella prevenzione delle fratture di femore con la sola correzione dell’apporto di calcio e vitamina D.
Per tutti i farmaci della Nota 79 è stata documentata in donne osteoporotiche in postmenopausa, rispetto al solo calcio e vitamina D, l’efficacia nel ridurre il rischio di fratture vertebrali e, anche se per alcuni farmaci con minore evidenza, quello di fratture non vertebrali (alendronato, risedronato, zoledronato, denosumab, romosozumab, teriparatide, abaloparatide)9-12. La riduzione del rischio relativo di fratture vertebrali è compresa tra 30 e 70%, con un numero di donne da trattare per 3 anni per evitare una frattura vertebrale (Number Needed to Treat, NNT) fra 10 e 20 tra i soggetti a più elevato rischio. In soggetti a minor rischio il NNT a 3 anni è superiore a 200. L’effetto sulle fratture di femore è
documentato solo per alcuni farmaci (alendronato, risedronato, zoledronato, denosumab, romosozumab).
Un requisito fondamentale perché l’intervento farmacologico sia utile è inoltre un’adeguata aderenza al trattamento.
In considerazione delle attuali evidenze in termini di efficacia, rapporto costo/efficacia13, aderenza e rischio di effetti avversi dei vari farmaci attualmente disponibili, è possibile suddividerli in prima, seconda e (solo per alcune condizioni) terza scelta a seconda del tipo e della severità della condizione osteoporotica. Anche nell’osteoporosi, come già praticato in altri ambiti appare pertanto possibile ed opportuno adeguare l’intervento terapeutico al grado di rischio di frattura, nell’ottica di un “treatment-to-target”.
Il passaggio dalla prima scelta alle successive richiede la presenza di intolleranza, incapacità di assunzione corretta, effetti collaterali o controindicazioni al farmaco della classe precedente, o, nel caso di teriparatide ed abaloparatide, la fine del periodo di trattamento massimo consentito. Anche l’occorrenza di una nuova frattura vertebrale o femorale durante trattamento da almeno un anno con farmaci della Nota può giustificare il passaggio ad altra categoria terapeutica.
L’alendronato è disponibile in Nota 79 anche in associazione con vitamina D. L’unico studio comparativo condotto con questa associazione in soggetti non vitamina D-carenti, non dimostra alcun vantaggio rispetto alla formulazione standard.
Il denosumab, anticorpo monoclonale anti-RANKL, è un potente inibitore del riassorbimento osseo osteoclastico che ha dimostrato di essere in grado di ridurre il rischio di fratture vertebrali e non vertebrali in donne in post-menopausa con osteoporosi e di fratture vertebrali in maschi sottoposti a terapia androgeno depletiva.
Il romosozumab è un anticorpo in grado di legare la sclerostina inibendone l’azione a livello osseo, questo si traduce in un aumento della mineralizzazione mediante l’aumento della formazione di osso e l’inibizione del riassorbimento.
L’efficacia antifratturativa è stata dimostrata in due differenti RCT in donne postmenopausa con diversi profili di rischio10,15 mentre altri due studi hanno fornito esiti favorevoli in una popolazione di soggetti di sesso maschile e sulla mineralizzazione ossea vs. teriparatide in una popolazione pretrattata con bisfosfonati.
Lo schema posologico prevede per il romosozumab la somministrazione mensile di 210 mg sottocute. Studi di fase II hanno stabilito in 12 mesi la durata massima consigliabile per il trattamento, non ottenendosi per durate più prolungate significativi incrementi di mineralizzazione. Al termine di tale periodo viene raccomandato un trattamento con un farmaco anti-riassorbitivo al fine di mantenere i risultati ottenuti e ridurre il rischio di frattura16.
L’analisi della letteratura disponibile autorizza al momento la prescrizione di romosozumab esclusivamente a pazienti di sesso femminile che presentino le seguenti caratteristiche:
- osteoporosi in prevenzione secondaria (≥1 fratture vertebrali moderate o gravi, oppure >2 fratture vertebrali lievi, oppure 2 fratture non vertebrali oppure una frattura femorale nei 2 anni precedenti) e con rischio di frattura a 10 anni (determinato con calcolatore validato) elevato ≥20%
- in condizioni di impossibilità a proseguire trattamenti efficaci (intolleranza, inefficacia o scadenza del periodo di impiego autorizzato)16.
Nel maschio l’efficacia terapeutica è stata valutata in trial controllati e randomizzati per alendronato, risedronato, zoledronato, denosumab e romosozumab. Il numero dei pazienti del trial era modesto e non era calcolato per valutare gli effetti del trattamento sulle fratture osteoporotiche. L’efficacia per la prevenzione delle fratture è quindi in parte surrogata dai dati sulla massa ossea e non è al momento riconosciuta per il romosozumab.
In soggetti in trattamento cortisonico effetti favorevoli di alcuni bisfosfonati sulla densità minerale ossea sono stati rilevati in più trial randomizzati. L’efficacia per la prevenzione delle fratture vertebrali (ma non delle fratture non vertebrali) è stata dimostrata in trial randomizzati per risedronato e alendronato. In uno studio la terapia con teriparatide si è dimostrata superiore ad alendronato nel ridurre il rischio di frattura in soggetti in terapia cronica con cortisonici.
Particolari avvertenze
Nella decisione di intraprendere o meno un trattamento farmacologico e nella scelta di quest’ultimo va considerato anche il profilo di safety dei vari farmaci attualmente disponibili14. Alendronato, risedronato, zoledronato e ibandronato appartengono alla classe dei bisfosfonati. Questi farmaci non sono privi di effetti indesiderati. Tra questi il più comune, quando i farmaci sono assunti per os, è la comparsa o accentuazione di esofagite particolarmente in persone con reflusso gastro-esofageo o alterata motilità esofagea o che assumono farmaci anti-infiammatori non steroidei o che sono incapaci di seguire le raccomandazioni del foglietto illustrativo (compressa presa a digiuno con abbondante acqua, rimanendo in posizione eretta o seduta per almeno trenta minuti). Questo effetto collaterale è apparentemente meno frequente con le formulazioni intermittenti (settimanale o mensile).
Anche se raramente è stato inoltre riportato con l’uso dei bisfosfonati un quadro clinico caratterizzato da dolore severo, talora disabilitante, a livello osseo, articolare o muscolare. Tale sintomatologia differisce dalla sindrome acuta similinfluenzale (reazione di fase acuta) caratterizzata da febbre, raffreddore, dolore osseo, artralgia e mialgia che comunemente si osserva in seguito alle prime somministrazioni endovenose degli aminobisfosfonati.
I bisfosfonati sono controindicati nella grave insufficienza renale (clearance creatinina <30 ml/min). Nei pazienti ad elevato rischio di frattura affetti da questa patologia può essere valutato l’impiego del denosumab, dopo aver escluso disordini secondari del metabolismo minerale ed osseo, ed in particolare una condizione di osso adinamico, e considerando che i dati relativi all’efficacia ed alla sicurezza sono attualmente limitati. Si ricorda inoltre che in questi pazienti, oltre ad essere raccomandata una supplementazione con vitamina D3, può essere indicato il ricorso anche ai metaboliti 25-alfa-idrossilati della vitamina D.
La terapia con bisfosfonati o con denosumab, anche se raramente, è stata associata alla comparsa di osteonecrosi della mandibola/mascella, pare conseguente a un’iniziale osteomielite. Si raccomandano a tutti i pazienti in trattamento con tali farmaci una rigida ed attenta igiene orale e un’adeguata profilassi antibiotica in caso di interventi dentari cruenti (estrazioni, impianti, ecc.). Se necessari, è inoltre preferibile effettuare interventi di igiene dentaria (granulomi, infezioni, ecc.) prima di avviare una terapia con bisfosfonati, romosozumab o denosumab.
Con l’uso, specie se prolungato, di bisfosfonati o con quello di denosumab sono state segnalate raramente fratture del femore in sedi atipiche (sottotrocanteriche o diafisarie). Si verificano spontaneamente o dopo un trauma minimo e alcuni pazienti manifestano dolore alla coscia o all’inguine, spesso associato a evidenze di diagnostica per immagini di fratture da stress, settimane o mesi prima del verificarsi di una frattura femorale completa. Sono spesso bilaterali e pertanto deve essere esaminato anche il femore controlaterale. Durante il trattamento i pazienti devono essere informati circa la possibilità di questi sintomi ed invitati a segnalarli. È stata talvolta riportata una difficile guarigione di queste fratture.
Il bilancio complessivo dei benefici e dei rischi di questi farmaci nelle indicazioni terapeutiche autorizzate rimane comunque nettamente favorevole. Nei pazienti con sospetta fratturaatipica femorale si deve prendere in considerazione l’interruzione della terapia sulla base di una valutazione individuale dei benefici e dei rischi sul singolo paziente.
La durata ottimale del trattamento con bisfosfonati per l’osteoporosi non è stata ancora stabilita. La necessità di un trattamento continuativo deve essere rivalutata periodicamente in ogni singolo paziente in funzione dei benefici e rischi potenziali della terapia con bisfosfonati, in particolare dopo 5 o più anni d’uso.
Con l’uso di potenti inibitori del riassorbimento osseo come il denosumab sono stati descritti casi anche gravi di ipocalcemia. Si ribadisce l’importanza che tutti i pazienti candidati ad un trattamento per l’osteoporosi, ed in particolare con questo farmaco, abbiano un adeguato apporto di calcio e siano preventivamente supplementati con vitamina D1, da garantirsi anche durante il trattamento. I pazienti trattati con denosumab possono inoltre sviluppare infezioni cutanee (principalmente celluliti), tali da richiedere talora l’ospedalizzazione. Per l’esperienza clinica ancora limitata appare opportuno che l’impiego del denosumab venga riservato ai casi con rischio elevato di frattura e nei quali non sia praticabile la terapia con bisfosfonati.
L’uso dei modulatori selettivi dei recettori estrogenici (SERM: raloxifene, basedoxifene) si è associato ad un significativo aumento del rischio di ictus e trombo-embolismo venoso (TEV).
Il trattamento cronico con teriparatide ed abaloparatide provoca in alcuni modelli animali la comparsa di osteosarcomi. Anche se i dati di farmacovigilanza finora disponibili sembrano escludere tale possibilità nell’uomo, ciò giustifica sia la limitata durata dei trattamenti sia la necessità di limitare la prescrivibilità a centri specialistici particolarmente qualificati, anche in considerazione della severità dell’osteoporosi nei pazienti ai quali questo farmaco è destinato.
Nonostante le premesse cliniche incoraggianti, il riscontro di un incremento non spiegato del rischio di eventi cerebrocardiovascolari, ha condotto a limitare prudenzialmente l’impiego del romosozumab escludendo i soggetti con pregressi eventi cerebrocardiovascolari o con condizioni di rischio cardiovascolare16.
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Piano Terapeutico per la prescrizione di ABALOPARATIDE
Da compilarsi ai fini della rimborsabilità da parte dei Centri Ospedalieri o specialisti – internista, reumatologo, geriatra, endocrinologo, ginecologo, ortopedico, nefrologo, fisiatra – autorizzati al rilascio del PT per i farmaci della nota AIFA 79 e da consegnare al paziente in formato cartaceo.
Azienda Sanitaria: _________________________________________________________________ Unità Operativa: __________________________________________________________________ Nome e cognome del medico prescrittore: _____________________________________________ Recapito telefonico: _______________________________________________________________ Paziente (nome, cognome): _________________________________________________________ Data di nascita: _____/ _____/ ______ Sesso: M ◊ F ◊ Codice Fiscale: ____________________________________________________________________ Indirizzo: ________________________________________________________________________ Recapiti telefonici: _________________________________________________________________ ASL di Residenza: __________________________________________________________________ Medico di Medicina Generale: _______________________________________________________ Durata (anni) di malattia (solo alla 1° prescrizione): ______________________________________ |
Indicazione autorizzata: Trattamento dell’osteoporosi nelle donne in post-menopausa ad aumentato rischio di frattura.
Indicazione rimborsata dal SSN: Prevenzione secondaria in donne in post-menopausa con pregresse fratture osteoporotiche vertebrali o di femore, con T-score colonna o femore <-2,5 e > -5.0 (T-score <-2,0 e > -5.0 se di età superiore a 65 anni) e 2 fratture vertebrali lievi o almeno 1 moderata o storia di frattura ad avambraccio, omero, sacro, pelvi, anca, femore, o tibia negli ultimi 5 anni.
Per comodità, in appresso la nota AIFA n. 79 può essere scaricata in formato PDF al link sottostante
PDF tratto dalla Gazzetta Ufficiale n. 44 del 22 febbraio 2025