La tiroidite di Hashimoto, descritta per la prima volta da Hakaru Hashimoto nel 1912, è una malattia autoimmune caratterizzata da un’infiammazione cronica della tiroide causata da un attacco del sistema immunitario contro le cellule tiroidee. È una delle principali cause di ipotiroidismo primario e rappresenta una sfida clinica per la diagnosi e il trattamento.

Epidemiologia

La malattia è predominante tra le donne, con un’incidenza otto volte maggiore rispetto agli uomini. L’età più colpita varia tra i 30 e i 60 anni. Studi epidemiologici riportano una prevalenza globale di circa il 2%, con tassi annuali che variano tra 0,3 e 1,5 per 1000 persone. Inoltre, l’incidenza è maggiore in regioni con alto consumo di iodio e in popolazioni con predisposizione genetica.

Eziologia e Fattori di Rischio

L’eziologia è multifattoriale e coinvolge una combinazione di predisposizione genetica, fattori ambientali e alterazioni immunologiche. La presenza del gene HLA-DR5 e mutazioni nei geni del complesso maggiore di istocompatibilità sono associati alla malattia. Fattori scatenanti includono infezioni virali, esposizione a radiazioni, eccessivo apporto di iodio e stati fisiologici come il postpartum. Inoltre, è stata osservata una maggiore incidenza in soggetti con anomalie cromosomiche come la sindrome di Turner.

Patogenesi

La tiroidite di Hashimoto è caratterizzata dalla perdita della tolleranza immunitaria verso antigeni tiroidei come la tireoglobulina (TG) e la perossidasi tiroidea (TPO). Ciò porta alla produzione di autoanticorpi specifici e a un’infiltrazione linfocitaria progressiva della ghiandola tiroidea, culminando nella distruzione del parenchima e nell’ipotiroidismo. I linfociti T e B svolgono un ruolo chiave, attivando meccanismi di citotossicità mediata da anticorpi e apoptosi delle cellule follicolari.

Tra le possibili cause, numerose in verità, sono stati identificati:

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1. Predisposizione genetica

  • Gene HLA-DR5 associato al rischio di malattie autoimmuni.
  • Polimorfismi genetici come CTLA-4 (coinvolto nella regolazione dei linfociti T) e PD-1.
  • Predisposizione familiare frequentemente riscontrata【6†source】【7†source】.

2. Fattori ambientali

  • Eccesso di iodio: alti livelli possono innescare risposte autoimmuni nelle persone suscettibili.
  • Deficit di selenio: associato a una ridotta attività antiossidante nella tiroide.
  • Esposizione a radiazioni: specialmente nei soggetti geneticamente predisposti【6†source】【7†source】.

3. Infezioni

  • Virus come Epstein-Barr, herpes, citomegalovirus, e virus influenzali.
  • Batteri (es. Yersinia enterocolitica, Helicobacter pylori).
  • Le infezioni potrebbero attivare risposte autoimmuni attraverso il fenomeno del “mimetismo molecolare”.

4. Alterazioni immunologiche

  • Disfunzione dei linfociti T regolatori (Tregs), che porta a una perdita della tolleranza immunitaria.
  • Produzione di autoanticorpi contro la tiroide, come anti-TPO e anti-TG.

5. Altri fattori

  • Squilibri ormonali: influiscono sulla maggiore incidenza nelle donne, soprattutto postpartum.
  • Tossicità da metalli pesanti: es. mercurio.
  • Intolleranze alimentari: glutine o altre sensibilità alimentari.
  • Fumo di sigaretta e stress ossidativo.

Manifestazioni Cliniche

Le manifestazioni cliniche possono variare in rapporto allo stadio e alla funzione della ghiandola preda della malattia

In alcuni casi , in una percentuale indicativa del 5%, le fasi iniziali sono caratterizzate da ipertiroidismo, provocato dal riversamento massivo in circolo di ormone tiroideo per lesione delle pareti dei follicoli tiroidei all’interno dei quali è stivato l’ormone.

Ma la sintomatologia più frequente è provocata dalla carenza di ormone tiroideo e quindi è costituita da stanchezza, intolleranza al freddo, aumento di peso, depressione, pelle secca e bradicardia. Nei casi avanzati non diagnosticati e quindi non trattati, possono verificarsi edema, rallentamento dei riflessi e sintomi neurologici. La progressione della malattia può portare a quadri più o meno importanti ipotiroidismo accompagnati da atrofia della ghiandola.

Non è infrequente la coesistenza di altre patologia  di natura autoimmune, come celiachia, rettocolite ulcerosa e artrite reumatoide, elenco questo assolutamente non esaustivo.

Diagnosi

La diagnosi si basa su test sierologici (anticorpi anti-Tireoperossidati e anti-Tireoglobulina), dosaggi ormonali (TSH, FT3, FT4) e imaging ecografico. Nei casi non chiari, la biopsia con ago sottile può confermare la presenza di linfociti e plasmacellule, ma è una procedura questa usata assai raramente per questo caso. L’ecografia mostra tipicamente una riduzione dell’ecogenicità del parenchima tiroideo nel contesto, ma non sempre, di un gozzo nodulare.

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Trattamento

Il trattamento della fase ipotiroidea è principalmente sostitutivo e prevede l’uso di levotiroxina per vicariare l’ormone mancante. Nelle fasi iniziali in cui è presente ipotiroidismo è utile un betabloccante per ridurre la tachicardia.

Il monitoraggio regolare dei livelli ormonali, TSH ed FT3, e degli anticorpi quando è ritenuto clinicamente utile, è essenziale per gestire la progressione della malattia e il corretto dosaggio della levotiroxina assunta; il periodico controllo di diagnostica per immagino, ecografia ad esempio, è indispensabile per prevenire complicanze come il carcinoma papillare della tiroide o il linfoma.

PROGNOSI

la prognosi quod vitam e/o quod valetudinem della tiroidite di Hashimoto  è buona; anche l’aspettativa di vita nei casi ben trattati è normale.


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