In questa pagina il collegamento ad alcune sentenze riguardanti il Mobbing, poche per non creare confusione per ciò che mi prefiggo con questo mio blog.


CORTE DI CASSAZIONE – Sezione lavoro – sentenza n. 20230/2014

“...

ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo devono quindi ricorrere molteplici elementi:

     a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio — illeciti o anche leciti se considerati singolarmente — che, con intento vessatorio, siano stati posti in essere contro la vittima in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi;

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     b) l’evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente;

    c) il nesso eziologico tra la descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psicofisica e/o nella propria dignità;

    d) il suindicato elemento soggettivo, cioè l’intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi …”


CORTE DI CASSAZIONE – sezione lavoro – sentenza n. 87/2012

per “mobbing” si intende una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità. Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono, pertanto, rilevanti: a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio. È stato altresì precisato (Cass. 6 marzo 2006 n. 4774) che la sussistenza della lesione del bene protetto e delle sue conseguenze deve essere verificata – sulla base di una valutazione complessiva degli episodi dedotti in giudizio come lesivi – considerando l’idoneità offensiva della condotta del datore di lavoro, che può essere dimostrata, per la sistematicità e durata dell’azione nel tempo, dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione, risultanti specificamente da una connotazione emulativa e pretestuosa, anche in assenza della violazione di specifiche norme attinenti alla tutela del lavoratore subordinato. …”


CORTE DI CASSAZIONE – Sezione lavoro – sentenza n. 18580/2007 

“... mobbing …Incombe sul lavoratore, che assume la non equivalenza delle mansioni affidategli con quelle da ultimo svolte, provare la non equivalenza e la correlata dequalificazione (Cass., 9 giugno 1997 n. 5162)…”


CORTE DI CASSAZIONE – Sezione V Penale – Sentenza 33624/2007

“…  La condotta di mobbing suppone non tanto un singolo atto lesivo, ma una mirata reiterazione di una pluralità di atteggiamenti, anche se non singolarmente connotati da rilevanza penale, convergenti sia nell’esprimere l’ostilità del soggetto attivo verso la vittima sia nell’efficace capacità di mortificare ed isolare il dipendente nell’ambiente di lavoro ...”


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