L’inquietante tema del maltrattamento e degli abusi sessuali nei confronti di bambini è emerso con particolare insistenza in questi ultimi anni.

Si è così sviluppata enormemente la riflessione della dottrina su questo triste fenomeno, sia con l’approfondimento dei vari aspetti da parte di specialisti del settore (psicologi, psichiatri, sociologi ecc.), sia attraverso un intervento attento e tempestivo dei servizi della comunità, dell’associazionismo e del privato sociale, che ha stimolato la presa di coscienza degli effetti devastanti dell’abuso e promosso azioni finalizzate a sviluppare una forte prevenzione del fenomeno e a ridurne i drammatici effetti sulle vittime, attraverso una accorta opera di recupero. Anche la stampa e in genere tutti i mezzi di comunicazione di massa hanno mostrato uno straordinario interesse verso le varie forme di violenza sui minori.

Tuttavia l’attuale enfatizzazione delle gravi violenze fisiche e sessuali sui minori rischia a volte di nascondere una rimozione collettiva del ben più corposo fenomeno delle molte violenze psicologiche che bloccano o pregiudicano gravemente il processo di maturazione, di tutte quelle trascuratezze che isteriliscono la formazione della personalità del bambino.

Purtroppo il fenomeno del maltrattamento all’infanzia, specie intrafamiliare, è molto più diffuso di quanto si possa immaginare.

Di questo grave e diffuso fenomeno si occupano sia le organizzazioni internazionali (ONU, UNICEF, WHO, Save the Children, Child on Europe, ecc.), sia i Governi nazionali.

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Secondo la definizione del Consiglio d’Europa il maltrattamento si concretizza ne “ gli atti e le carenze che turbano gravemente il bambino, attentano alla sua integrità corporea, al suo sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di altri che ne hanno cura”.

Indicazioni puntuali in tema di maltrattamento vengono dalla Commissione nazionale per il coordinamento degli interventi in materia di maltrattamenti, abusi di minori, istituita dal presidente del consiglio dei ministri Prodi con decreto del 26 febbraio 1998.

La Commissione sottolinea, nel documento “Proposte di intervento per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del maltrattamento”, come la violenza, quale che sia la sua connotazione, costituisce sempre “un attacco confusivo e destabilizzante alla personalità in formazione di un bambino, e perciò provoca gravi conseguenze a breve, medio e lungo termine sul processo di crescita. Il trauma, se non rilevato, diagnosticato e curato, può produrre disturbi psicopatologici o di devianza nell’età adulta.”

Il WHO (World Health Organization) nel 2002, nel “Report on Health and Violence”, definisce la violenza sui minori come “tutte le forme di cattiva salute fisica e/o emozionale, abuso sessuale, trascuratezza o negligenza o sfruttamento commerciale o altro, che comportano un pregiudizio reale o potenziale per la salute del bambino, per la sua sopravvivenza, per il suo sviluppo o per la sua dignità nell’ambito di una relazione caratterizzata da responsabilità, fiducia o potere”.

Oggi, negli studi svolti nel settore del maltrattamento e abuso all’infanzia, si utilizza il termine più ampio di “Esperienze Sfavorevoli Infantili (ESI), che comprende sia l’abuso subìto in forma diretta (abuso sessuale, maltrattamento psicologico, fisico, trascuratezza), che il maltrattamento subìto in forma indiretta, come la violenza assistita oppure nel caso di contesti familiari inadeguati, dovuti all’alcolismo o tossicodipendenza dei genitori, malattie psichiatriche o altro.

Il danno cagionato in genere è tanto maggiore quanto più:

  1. il maltrattamento resta sommerso;

  2. il maltrattamento è ripetuto nel tempo;

  3. la risposta di protezione alla vittima ritarda;

  4. il legame tra la vittima e il soggetto maltrattante sia di tipo familiare.

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L’intensità e la gravità del danno subìto derivano dal bilanciamento tra caratteristiche dell’evento e i cosiddetti fattori di protezione.

1. CARATTERISTICHE DEL FENOMENO

Il fenomeno del maltrattamento intrafamiliare presenta delle caratteristiche peculiari:

  • E’ sommerso

  • E’ pericoloso

  • E’ di difficile rilevazione

  • Tende a cronicizzarsi

  • Viene negato

Si tratta di una disfunzione delle relazioni familiari

Di conseguenza è necessario :

  • Che venga rilevato in modo attivo

  • Che vengano attivati provvedimenti di tutela adeguati

  • Una approfondita conoscenza degli indicatori di rischio ed una valutazione multidisciplinare

  • Intervenire in tempo adeguatamente

  • Individuare strategie di coinvolgimento della famiglia

  • Effettuare una diagnosi delle relazioni familiari

Il fenomeno è presente nel nostro Paese e taglia trasversalmente tutte le fasce sociali.

I dati sono allo stato limitati prevalentemente alle sole fonti giudiziarie; queste registrano un aumento delle denunce per i reati di maltrattamento, omessa assistenza familiare, abusi sessuali, sfruttamento della prostituzione; si registra anche l’abbassamento dell’età della vittima.

Il fenomeno è oggi maggiormente rilevato per vari motivi, tra cui una maggiore attenzione ai messaggi verbali e comportamentali dei bambini, nonché la facilità e anonimato della segnalazione anche attraverso linee telefoniche di aiuto.

Per interrompere il ciclo ripetitivo del maltrattamento ed evitare che il bambino maltrattato di oggi sia l’adulto maltrattante di domani urgono operatori formati e servizi integrati.

Purtroppo esistono ancora oggi dei nodi critici che ostacolano l’efficacia degli interventi:

  • innanzitutto risultano insufficienti in tutto il territorio nazionale le dotazioni di personale socio-assistenziale e sanitario in grado di intervenire in questo specifico settore;
  • risultano tuttora inattivati in diverse aree territoriali servizi di aiuto alla famiglia e ai bambini in difficoltà, e laddove tali servizi sono funzionanti non sempre gli operatori ricevono una formazione adeguata, né iniziale né in itinere, tale da poter rilevare, diagnosticare o prendere in carico casi di maltrattamento;
  • risultano inoltre attivati servizi che, pur operando in area socio-assistenziale e sanitaria, non sono in grado di dare risposte congrue e in tempi utili perché non lavorano sinergicamente, con notevole dispendio di energie personali e risorse di settore;
  • esistono servizi del privato sociale che sono una risorsa nelle strategie di contrasto al fenomeno quando interagiscono in sinergia con la rete dei servizi pubblici.

2. TIPOLOGIE DI MALTRATTAMENTO

Per classificare il Maltrattamento si usano normalmente alcune categorie, ricavate dalla classificazione proposta da C. Henry Kempe (Pediatra americano che si è occupato del maltrattamento infantile negli anni ’70) e da altri autori italiani e stranieri.

Si individua:

  • incuria

  • discuria

  • ipercura

  • maltrattamento fisico

  • maltrattamento psicologico

  • violenza assistita

  • abuso sessuale.

Nell’incuria o trascuratezza il minore subisce gli effetti delle omissioni o carenze dei familiari nel provvedere risposte corrette ai bisogni fisici e/o psichici. Si riscontrano insufficienze nutrizionali, negligenze nelle cure mediche ed igieniche, mancanza di protezione del bambino da situazioni pericolose.

Tale mancanza, parziale o totale, di cure ha ripercussioni sullo stato di salute del bambino con segni fisici e comportamentali.

La discuria si riscontra quando vengono fornite al bambino cure distorte rispetto all’età cronologica e al momento evolutivo e ciò può condurre ad imposizione di ritmi di acquisizione precoci, aspettative irrazionali.

L’ipercura si registra quando viene offerto, in modo patologico, un eccesso di cure anche attraverso inutili e ripetuti ricoveri ospedalieri (hospital shopping) e/o somministrazione di farmaci che risultano dannosi per il bambino. La forma più grave di ipercura è la “Sindrome di Munchausen per procura”, caratterizzata dalla produzione deliberata o simulazione di segni e sintomi fisici o psichici in un’altra persona che è affidata alle cure del soggetto. Di solito la vittima è proprio un bambino piccolo e il responsabile la madre del bambino.

Meadow la definisce “Situazione in cui i genitori o inventando sintomi e segni che i propri figli non hanno, o procurando loro sintomi e disturbi (per esempio somministrando sostanze dannose), li espongono ad una serie di accertamenti, esami, interventi che finiscono per danneggiarli o addirittura ucciderli”.

Nel maltrattamento fisico il minore è oggetto di aggressioni da parte dei familiari con conseguenze fisiche come lesioni cutanee, fratture, bruciature, ecc.. Tale maltrattamento può essere attuato attraverso punizioni corporali, pugni, calci, sbattimento contro pareti o pavimenti, uso di cinghie, bastoni o altro.

Rientrano nel maltrattamento psicologico quei comportamenti in cui il bambino viene sottoposto a frustrazioni, negazione della sua individualità, svalutazione delle proprie potenzialità e capacità. E’ caratterizzato da ricatti, minacce, punizioni spropositate, rifiuto, squalifiche; vi rientrano comportamenti aggressivi quali la reiterata violenza verbale o un’attiva pressione psicologica nei confronti del minore, tale da danneggiarlo: un esempio frequente è costituito da tutte le situazioni di separazione conflittuale in cui i minori sono palesemente strumentalizzati dai genitori con evidenti effetti devastanti sul loro equilibrio emotivo.

E’ senz’altro la forma più diffusa di violenza sui minori, ma nello stesso tempo è quella più sommersa.

Per violenza assistita da minori in ambito familiare si intende qualsiasi atto di violenza fisica, psicologica, sessuale ed economica, compiuta su figure di riferimento o su altre figure significative, adulte o minori; di tale violenza il bambino può fare esperienza direttamente, quando essa avviene nel suo campo percettivo, o indirettamente, quando il minore è a conoscenza della violenza e/o ne percepisce gli effetti.

L’abuso sessuale si verifica quando il minore è coinvolto da parte dei familiari in atti sessuali, con o senza contatto fisico, che presuppongono violenza o ai quali non può acconsentire con consapevolezza, in ragione dell’età e della preminenza dell’abusante.

Più precisamente: “qualsiasi atto in cui un adulto utilizzi il proprio potere su un bambino, per ottenere una gratificazione sessuale, approfittando della vulnerabilità e fiducia del bambino stesso” (Child Sexual Abuse, Markovitz L., 1992).

Rientrano nell’abuso sessuale anche: la violenza sessuale assistita, l’induzione alla visione di materiale pornografico e/o pedopornografico, la prostituzione minorile, l’adescamento del minore via internet nelle sue varie forme.

La maggior parte della casistica riguarda i rapporti intrafamiliari.

Dott.ssa Maria Angela Valenti
Assistente Sociale Specialista


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