SINDROME DI DOWN ED INVALIDITA’ CIVILE

Premettendo che la descrizione della sindrome di Down non è il fine di questa pagina, mi pare opportuno solo ricordare che il soggetto affetto dalla trisomia del cromosoma 21 è affetto da una serie di problematiche di ordine medico generale e da un deficit intellettivo piuttosto variabile, che può andare da forme lievi, che permettono una certa autonomia, fino a forme gravissime con marcate turbe comportamentali e assoluta assenza delle autonomie di base.

Quindi il legislatore, con la tabella del DM 05/02/1992 ha previsto questa possibilità e nella tabella del DM 05/02/1992 la sindrome di Down è presente con 2 voci: 

1009 TRISOMIA 21 CON RITARDO MENTALE GRAVE 0 0 100
9337 TRISOMIA 21 0 0 75

 In sostanza, secondo la tabella, ai soggetti con sindrome di Down sarebbero riconoscibili tutte le percentuali di invalidità comprese tra 75% e 100% a seconda del deficit intellettivo

L’indennità di accompagnamento dovrebbe seguire le regole previste dall’art 1 della legge 11 febbraio 1980: 

Art. 1

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Ai mutilati ed invalidi civili totalmente inabili per affezioni fisiche o psichiche di cui agli articoli 2 e 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118, nei cui confronti le apposite commissioni sanitarie, previste dall’art. 7 e seguenti della legge citata, abbiano accertato che si trovano nella impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognano di un’assistenza continua, è concessa un’indennità di accompagnamento, non reversibile, al solo titolo della minorazione, a totale carico dello Stato ...”

Quindi, poiché l’indennità di accompagnamento prevede anche la completa inabilità lavorativa, a rigore, l’indennità di accompagnamento sarebbe concedibile solo ai soggetti con ritardo mentale grave.

Con il messaggio n. 31125 del 9 dicembre 2010, l’INPS ha comunicato alle proprie commissioni che “nei confronti dei soggetti affetti da sindrome di Down, interessati da accertamenti sanitari per invalidità civile, deve essere riconosciuto il diritto all’indennità di accompagnamento e deve essere applicato, ove possibile, il DM 2 agosto 2007, sia in fase di verifica ordinaria, sia in fase di verifica sulla permanenza dei requisiti sanitari. …”

Quindi, per le Commissioni INPS, i soggetti con sindrome di Down:

  • sono sempre e in ogni caso meritevoli di riconoscimento di indennità di accompagnamento,
  • non devono essere sottoposti a verifica, né ordinaria né straordinaria, relativamente alla persistenza dello stato invalidante;
  • ove “erroneamente” dovessero essere sottoposti a visita di verifica, la prestazione dovrebbe essere confermata anche solo sulla scorta della documentazione probante la patologia.

 In questa circolare però esistono 2 criticità, una delle quali in verità superata.

La prima è il tipo di documentazione medica necessaria per il riconoscimento di questo automatismo; in realtà questa problematica è stata superata in quanto è ormai chiaro che occorre documentare la sussistenza della patologia genetica, quindi occorre produrre idonea documentazione attestante il cariotipo e quindi l’esistenza della trisomia del cromosoma 21.

La seconda è che, nella stragrande maggioranza delle regioni, il primo accertamento viene effettuato non dalle Commissioni INPS ma dalle Commissioni USL (o ASP, o ASL o AUSL, o USSL, etc) le quali non sono tenute ad adottare le linee guida delle Commissioni INPS; per la verità a volte neppure le Commissioni INPS seguono le linee guida INPS.

Se il diritto ad  indennità di accompagnamento non dovesse essere riconosciuta, può essere tentata la strada dell’istanza di riesame alla Commissione Medica Superiore dell’INPS a Roma, inviando tramite raccomandata l’istanza stessa corredata dalla documentazione medica e dal verbale di cui si richiede la correzione; questa opzione può essere tentata anche con l’aiuto delle associazioni dei familiari dei soggetti con sindrome di Down, agguerrite e, di solito, ben informate.

In alternativa può essere proposta azione legale impugnando il verbale davanti al Giudice del Lavoro rigorosamente entro 6 (sei) mesi dalla notifica del verbale. In quella sede ritengo che si possa tranquillamente far valere la circolare INPS 31125/2010 richiedendone l’applicazione. Peraltro, l’azione legale ha come momento fondamentale un accertamento peritale con un Consulente Tecnico d’Ufficio, un medico incaricato dal giudice di valutare le condizioni psico-fisiche del ricorrente ai fini del riconoscimento del beneficio richiesto. Alle operazioni peritali in genere partecipa anche un medico della locale commissione INPS che sicuramente in quella sede non potrà disconoscere le linee guida del proprio Istituto. Naturalmente per intraprendere un’azione legale occorre un avvocato che può essere privato, con costi piuttosto variabili, o fornito da un patronato, con costi generalmente molto calmierati.

Cliccare sul link in appresso per visionare/scaricare il messaggio INPS n. 31125/2010 in formato PDF:

Messaggio n. 31125 dal 9 dicembre 2014

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Dott. Salvatore Nicolosi


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