CIRCOLARE N. 1/2012

Alle Amministrazioni pubbliche

di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001

OGGETTO: modifiche alla disciplina in materia di permessi e congedi per l’assistenza alle persone con disabilità – decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119 (“Attuazione dell’art. 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi”).

Premessa.

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Sulla Gazzetta ufficiale del 27 luglio 2011, n. 173, è stato pubblicato il decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119 (Attuazione dell’art. 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi). Il decreto è entrato in vigore l’11 agosto 2011.

Gli artt. 3, 4 e 6 del citato decreto hanno modificato il regime del prolungamento del congedo parentale, dei permessi e del congedo straordinario per l’assistenza delle persone in situazione di handicap grave.

Rimane invariato il regime dei permessi, del trasferimento e della tutela della sede per i lavoratori in situazione di handicap grave che fruiscono delle agevolazioni per le esigenze della propria persona, nonché quello del trasferimento e della tutela della sede per i lavoratori che assistono i famigliari disabili.

La presente circolare è stata elaborata a seguito di un lavoro istruttorio di confronto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l’INPS e l’INPDAP, con l’obiettivo di fornire indicazioni di carattere generale omogenee per i settori del lavoro pubblico e privato, ferme restando le autonome determinazioni di ciascuna amministrazione nell’esercizio del proprio potere organizzativo e gestionale. Rimane salvo quanto già illustrato dal Dipartimento della funzione pubblica nella Circolare n. 8 del 2008, par. 2.2 e 2.3, a proposito dell’utilizzo frazionato ad ore dei permessi e, per le parti non incompatibili, quanto già detto nella Circolare n. 13 del 2010.

Di seguito si procede quindi ad illustrare le novità apportate dalle menzionate disposizioni, che sostanzialmente riguardano il prolungamento del congedo parentale nel caso di minori disabili, modifiche alla disciplina del congedo biennale, il regime del cumulo dei permessi per l’assistenza a più persone in situazione di handicap grave, la necessità di documentazione a supporto del permesso nel caso di assistenza nei confronti di persone disabili residenti ad oltre 150 Km di distanza stradale rispetto alla residenza del lavoratore.

Valgono anche in questo caso le precisazioni terminologiche compiute nella menzionata Circolare n. 13 del 2010 in ordine alle espressioni “persona disabile” e “persona in situazione di handicap grave”.

  1. Prolungamento del congedo parentale.

L’art. 3 del d.lgs. n. 119 del 2011 modifica l’art. 33 del d.lgs. n. 151 del 2001. Con la novella viene ridefinita la durata complessiva del congedo parentale nell’ipotesi in cui il minore sia persona in situazione di handicap grave.

Il previgente dettato normativo prevedeva il prolungamento “fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa dal lavoro”, con diritto, per tutto il periodo, all’indennità economica pari al 30% della retribuzione. La disposizione aveva dato adito a problemi interpretativi, poiché era sorto il dubbio che il compimento del terzo anno di età del bambino rappresentasse il limite per la fruizione del congedo. Il novellato art. 33, comma 1, del d.lgs. n. 151 del 2001 stabilisce chiaramente la possibilità, fruibile alternativamente da parte di ciascun genitore del minore in situazione di handicap grave, di beneficiare del prolungamento del congedo parentale per un periodo massimo, comprensivo dei periodi di normale congedo parentale, di tre anni, da godere entro il compimento dell’ottavo anno di vita del minore stesso (con diritto, per tutto il periodo, all’indennità economica pari al 30% della retribuzione). Il prolungamento del congedo parentale decorre a partire dalla conclusione del periodo di normale congedo parentale teoricamente fruibile dal genitore richiedente (art. 33 comma 4).

Si segnala che la modifica non ha riguardato invece il comma 1 dell’art. 42 del citato decreto, che prevede la possibilità per i genitori di fruire, in alternativa al prolungamento del congedo parentale, di due ore di permesso al giorno sino al compimento del terzo anno di vita del bambino. Ne deriva che, dopo l’entrata in vigore della novella, i genitori del minore in situazione di handicap grave continuano a poter fruire – in alternativa al prolungamento del congedo parentale – dei riposi orari retribuiti ma solo fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.

Alla luce del vigente disposto normativo, pertanto:

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i genitori, anche adottivi, con bambini fino a tre anni di età hanno la possibilità di fruire, in alternativa, dei tre giorni di permesso mensile ovvero delle due ore di riposo giornaliere ovvero del prolungamento del congedo parentale;

i genitori, anche adottivi, con bambini oltre i tre anni e fino agli otto anni di vita possono beneficiare, in alternativa, dei tre giorni di permesso mensile ovvero del prolungamento del congedo parentale;

i genitori, anche adottivi, con figli oltre gli otto anni di età possono fruire dei tre giorni di permesso mensile.

Secondo l’art. 33 del citato d.lgs. n. 151 del 2001, il prolungamento del congedo è accordato “a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore”. Valgono comunque anche in questa sede le deroghe esplicitate nella Circolare n. 13 del 2010 al paragrafo 5, lett. a).

  1. Modifica della disciplina sul congedo di cui all’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001.

L’art. 4 del d.lgs. n. 119 del 2011 ha modificato la disciplina del congedo straordinario contenuta nell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001. L’attuale disciplina del congedo è pertanto contenuta nei commi da 5 a 5 quinquies del menzionato art. 42. Di seguito vengono forniti chiarimenti circa: i soggetti legittimati alla fruizione del congedo, le modalità di fruizione, la durata del congedo e il trattamento economico spettante.

a) I soggetti legittimati alla fruizione del congedo.

Come noto, dopo l’entrata in vigore della l. n. 388 del 2000, con la quale è stato introdotto il congedo per l’assistenza alle persone in situazione di handicap grave, la Corte costituzionale in più occasioni ha avuto modo di pronunciarsi sulla disposizione in esame, da ultimo estendendo, con la sentenza n. 19 del 2009, la possibilità di fruire del congedo anche in favore dei figli conviventi di persone con handicap grave in caso di mancanza di altri soggetti idonei. Con il recente intervento normativo è stato individuato un elenco di persone legittimate alla fruizione del congedo, stabilendo un ordine di priorità e prevedendo in particolare che esso spetta ai seguenti soggetti:

1) coniuge convivente della persona in situazione di handicap grave;

2) padre o madre, anche adottivi o affidatari, della persona in situazione di handicap grave, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente;

3) uno dei figli conviventi della persona in situazione di handicap grave, nel caso in cui il coniuge convivente ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti. Si segnala che la possibilità di concedere il beneficio ai figli conviventi si verifica nel caso in cui tutti i soggetti menzionati (coniuge convivente ed entrambi i genitori) si trovino in una delle descritte situazioni (mancanza, decesso, patologie invalidanti);

4) uno dei fratelli o sorelle conviventi nel caso in cui il coniuge convivente, entrambi i genitori ed i figli conviventi della persona in situazione di handicap grave siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti. Anche in tale ipotesi, la possibilità di concedere il beneficio ai fratelli conviventi si verifica solo nel caso in cui tutti i soggetti menzionati (coniuge convivente, entrambi i genitori e tutti i figli conviventi) si trovino in una delle descritte situazioni (mancanza, decesso, patologie invalidanti).

Per quanto riguarda i concetti di “mancanza” e “patologie invalidanti” si rinvia alle indicazioni fornite nella citata Circolare n. 13 (par. 2).

A fronte di alcune richieste di parere sul punto, si aggiunge che, poiché l’ordine dei soggetti possibili beneficiari è stato indicato direttamente ed espressamente dalla legge, la quale ha pure stabilito le condizioni in cui si può “scorrere” in favore del legittimato di ordine successivo, tale ordine non si ritiene derogabile. Pertanto, per l’individuazione dei legittimati non pare possibile accogliere dichiarazioni di rinuncia alla fruizione al fine di far “scattare” la legittimazione del soggetto successivo, né dare rilievo a situazioni di fatto o di diritto che non siano state esplicitamente considerate nella norma (come, ad esempio, la circostanza che il coniuge convivente sia lavoratore autonomo o imprenditore).

Il diritto al congedo è subordinato per tutti i soggetti legittimati, tranne che per i genitori, alla sussistenza della convivenza. Questo requisito è provato mediante la produzione di dichiarazioni sostitutive, rese ai sensi degli artt. 46 e 47 d.P.R. n. 445 del 2000, dalle quali risulti la concomitanza della residenza anagrafica e della convivenza, ossia della coabitazione (art. 4 del d.P.R. n. 223 del 1989). In linea con l’orientamento già espresso in precedenza, al fine di venire incontro all’esigenza di tutela delle persone disabili, il requisito della convivenza previsto nella norma si intende soddisfatto anche nel caso in cui la dimora abituale del dipendente e della persona in situazione di handicap grave siano nello stesso stabile (appartamenti distinti nell’ambito dello stesso numero civico) ma non nello stesso interno. Sempre al fine di agevolare l’assistenza della persona disabile, il requisito della convivenza potrà ritenersi soddisfatto anche nei casi in cui sia attestata, mediante la dovuta dichiarazione sostitutiva, la dimora temporanea, ossia l’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 223 del 1989, pur risultando diversa la dimora abituale (residenza) del dipendente o del disabile. Le amministrazioni disporranno per gli usuali controlli al fine di verificare la veridicità delle dichiarazioni (art. 71 del citato d.P.R. n. 445 del 2000).

Il nuovo comma 5 bis dell’art. 42 del d.lgs. n. 151 del 2001 estende anche al congedo in esame il principio del “referente unico” già introdotto dall’art. 24 della l. n. 183 del 2010 per i permessi ex lege n. 104 del 1992. Infatti, la norma stabilisce che il congedo straordinario di cui all’art. 42 citato ed i permessi di cui all’art. 33 della l. n. 104 non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona in situazione di handicap grave. Ne consegue che, in base alla legge, la fruizione dei permessi e del congedo dovranno concentrarsi in capo al medesimo legittimato e, pertanto, non sarà possibile beneficiare del congedo per assistere una persona disabile nell’ipotesi in cui un altro lavoratore risulti autorizzato a fruire dei permessi di cui all’art. 33, comma 3, della l . n. 104 del 1992 per la stessa persona. Allo stesso modo, non potranno essere fruiti i permessi di cui all’art. 33, comma 3, della citata legge per assistere una persona in situazione di handicap grave nell’ipotesi in cui un altro lavoratore risulti autorizzato a beneficiare di periodi di congedo per la stessa persona. Fanno eccezione a questa regola i genitori, anche adottivi, del minore in situazione di handicap grave, i quali possono fruire delle prerogative in maniera alternata anche nell’arco dello stesso mese.

b) Le modalità di fruizione.

Il d.lgs. n. 119 del 2011 ha modificato il disposto dell’ex comma 5 dell’art. 42 in esame, prevedendo all’attuale comma 5 bis che “i genitori, anche adottivi, possono fruirne alternativamente, ma negli stessi giorni l’altro genitore non può fruire dei benefici di cui all’art. 33, commi 2 e 3, della l. n. 104 del 1992 e 33, comma 1, del presente decreto.”. A seguito della modifica, i genitori possono fruire delle predette agevolazioni (permessi di tre giorni mensili, permessi di due ore al giorno, prolungamento del congedo parentale) anche in maniera cumulata con il congedo straordinario nell’arco dello stesso mese, mentre è precluso il cumulo dei benefici nello stesso giorno. La conclusione vale anche nel caso in cui la fruizione delle agevolazioni avvenga da parte di un solo genitore, che, pertanto, nell’arco dello stesso mese può fruire del congedo ex art. 42, commi 5 ss., d.lgs. n. 151 del 2001 e dei permessi di cui all’art. 33, commi 2 e 3, della l. n. 104 del 1992 o del prolungamento del congedo parentale. Analogamente, il dipendente che assiste una persona in situazione di handicap grave diversa dal figlio nell’ambito dello stesso mese può fruire del congedo in esame e del permesso di cui all’art. 33, comma 3, della l. n. 104 del 1992. Deve quindi intendersi superato quanto detto nella Circolare n. 13 del 2010, al paragrafo 4, in ordine alla preclusione rispetto al cumulo tra congedo ex art. 42, comma 5, e permessi. A fronte di alcune richieste di chiarimento in proposito, si precisa, inoltre, che nel caso di fruizione cumulata nello stesso mese del congedo (ovvero di ferie, aspettative od altre tipologie di permesso) e dei citati permessi di cui all’art. 33, comma 3, da parte del dipendente a tempo pieno questi ultimi spettano sempre nella misura intera stabilita dalla legge (3 giorni) e non è previsto un riproporzionamento.

In base a quanto previsto dall’art. 42, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 151 del 2001, per i genitori rimane comunque ferma l’alternanza, nell’arco dello stesso mese, tra la fruizione delle due ore di permesso al giorno (art. 33, comma 2, della l. n. 104 del 1992), il prolungamento del congedo parentale (art. 33, comma 1, del d.lgs. n. 151 del 2001) e le tre giornate di permesso al mese (art. 33, comma 3, della l. n. 104 del 1992).

Il congedo è fruibile anche in modo frazionato (a giorni interi, ma non ad ore). Affinché non vengano computati nel periodo di congedo i giorni festivi, le domeniche e i sabati (nel caso di articolazione dell’orario su cinque giorni), è necessario che si verifichi l’effettiva ripresa del lavoro al termine del periodo di congedo richiesto. Tali giornate non saranno conteggiate nel caso in cui la domanda di congedo sia stata presentata dal lunedì al venerdì, se il lunedì successivo si verifica la ripresa dell’attività lavorativa ovvero anche un’assenza per malattia del dipendente o del figlio. Pertanto, due differenti frazioni di congedo straordinario intervallate da un periodo di ferie o altro tipo di congedo, debbono comprendere ai fini del calcolo del numero di giorni riconoscibili come congedo straordinario anche i giorni festivi e i sabati (per l’articolazione su cinque giorni) cadenti subito prima o subito dopo le ferie o altri congedi o permessi.

Quanto precede vale anche nel caso in cui il dipendente richiedente abbia un rapporto di lavoro part-time con l’amministrazione. Nel caso di part-time verticale, il conteggio delle giornate dovrà essere effettuato sottraendo i periodi in cui non è prevista l’attività lavorativa, considerato che in tale ipotesi la prestazione e la retribuzione del dipendente sono entrambe proporzionate alla percentuale di part-time.

c) La durata del congedo.

Per quanto riguarda la durata, il novellato comma 5 bis dell’art. 42 del d.lgs. n. 151 del 2001 precisa che “il congedo fruito ai sensi del comma 5 non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell’arco della vita lavorativa”.

Dalla disposizione si evince un duplice principio: da un lato, la norma stabilisce che ciascuna persona in situazione di handicap grave ha diritto a due anni di assistenza a titolo di congedo straordinario da parte dei famigliari individuati dalla legge, dall’altro, il famigliare lavoratore che provvede all’assistenza può fruire di un periodo massimo di due anni di congedo per assistere i famigliari disabili.

Al riguardo, si deve tener conto del fatto che il congedo di cui all’art. 42, commi 5 ss., rappresenta una species nell’ambito del genus di congedo disciplinato dall’art. 4, comma 2, della l. n. 53 del 2000. Tale disposizione stabilisce che “i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere, per gravi e documentati motivi familiari, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni”. Pertanto, il “contatore” complessivo a disposizione di ciascun dipendente è comunque quello di due anni nell’arco della vita lavorativa, a prescindere dalla causa specifica per cui il congedo è fruito. Si chiarisce, così, che utilizzati i due anni, ad esempio, per il congedo ex art. 42, commi 5 ss., il dipendente avrà esaurito anche il limite individuale per “gravi e documentati motivi familiari”. Si chiarisce, altresì, che, trattandosi di limite massimo individuale, ad un lavoratore o una lavoratrice che nel tempo avesse fruito, ad es., di un anno e quattro mesi di permessi anche non retribuiti “per gravi e documentati motivi familiari”, il congedo di cui all’art. 42, comma 5, potrà essere riconosciuto solo nel limite di otto mesi.

Va evidenziato che nell’ipotesi in cui la situazione di handicap grave rivedibile non sia confermata da parte dell’apposita commissione, il dipendente decade dal beneficio, con la conseguenza che l’amministrazione non potrà riconoscere la fruizione del congedo, né dei permessi. Inoltre, la fruizione del congedo non può essere accordata per un periodo che superi l’eventuale termine di efficacia dell’accertamento di handicap grave.

Si segnala che, in base a quanto risulta dai CCNL (art. 23 CCNL comparto ministeri del 16 maggio 2001, art. 6 CCNL regioni ed autonomie locali del 14 settembre 2000, art. 33 CCNL comparto enti pubblici non economici del 14 febbraio 2001, art. 35 CCNL comparto S.S.N. del 20 settembre 2001), in linea anche con l’orientamento già manifestato dall’ARAN, in caso di part-time verticale la durata del congedo deve essere riproporzionata in osservanza della regola generale espressa nelle clausole, precisandosi che tale modalità applicativa continua ad applicarsi sin quando perdura la situazione che l’ha originata, ossia sino a quando il dipendente fruisce del part-time verticale.

d) Il trattamento spettante durante il congedo.

Il nuovo comma 5-ter dell’art. 42 del d.lgs. n. 151 del 2001 stabilisce che il dipendente che fruisce del congedo straordinario ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, ma con riferimento esclusivamente alle voci fisse e continuative del trattamento. L’indennità, pertanto, è corrisposta nella misura dell’ultima retribuzione percepita e cioè quella dell’ultimo mese di lavoro che precede il congedo, con esclusione degli emolumenti variabili della retribuzione accessoria, che non abbiano, cioè, carattere fisso e continuativo. L’indennità al lordo della relativa contribuzione, per esplicita previsione normativa, spetta fino all’importo complessivo annuo pari a € 43.579,06 (importo riferito all’anno 2010). Detto importo è rivalutato annualmente a decorrere dall’anno 2011, sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. L’importo si intende al lordo della contribuzione, con riferimento alla quota a carico dell’ente datore di lavoro e a quella a carico del lavoratore.

Ai sensi del comma 5-quinquies del citato articolo, i periodi di congedo straordinario non sono computati ai fini della maturazione di ferie, tredicesima, trattamento di fine rapporto e trattamenti di fine servizio (cfr.: Circolare INPDAP n. 11 del 2001), ma, essendo coperti da contribuzione, sono validi ai fini del calcolo dell’anzianità. Si precisa che il riferimento alla contribuzione figurativa contenuto nella norma vale solo per i lavoratori del settore privato e non per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, poiché per questi ultimi la contribuzione va calcolata, trattenuta e versata, secondo le ordinarie regole, sulla base dei trattamenti corrisposti (circolare INPDAP n. 2 del 2002). Tale contribuzione deve essere versata ai fini del trattamento pensionistico, a seconda della gestione cui risulta iscritto il lavoratore beneficiario, a favore della gestione unitaria delle attività sociali e creditizie nonché a favore dell’assicurazione sociale vita. In considerazione del previsto limite di spesa complessivo tra indennità da erogare e contribuzione, si sottolinea, inoltre, che non sono valorizzabili ai fini pensionistici, neanche tramite accredito figurativo a carico della gestione previdenziale, gli importi di retribuzione eccedenti i limiti massimi imposti.

Il trattamento non è invece assoggettato alla contribuzione TFS/TFR, in quanto, come visto, il congedo di cui trattasi non rileva a tali fini.

Si coglie l’occasione per fornire chiarimenti in merito al regime speciale di contribuzione vigente per i dipendenti di amministrazioni pubbliche privatizzate. In proposito, l’art. 20 del d.l. n.112 del 2008, convertito in l. n. 133 del 2008, prevede, a decorrere dal 1 gennaio 2009, per le imprese privatizzate dello Stato, degli enti pubblici e degli enti locali, con personale optante (ai sensi dell’art. 5 della l. n. 274 del 1991) per il mantenimento dell’iscrizione ad INPDAP l’obbligo del versamento all’INPS della contribuzione per maternità (congedi e riposi previsti dal d.lgs. n. 151 del 2001; permessi ex lege n. 104 del 1992). Come precisato dall’INPDAP con la nota operativa n. 18 del 22 dicembre 2009 e dall’INPS con la circolare n. 114 del 30 dicembre 2008, a decorrere dalla medesima data, l’INPS è tenuto ad erogare ai suddetti optanti – indipendentemente, quindi, dalla gestione pensionistica di loro appartenenza – le previste prestazioni economiche di maternità ed a riconoscere la relativa contribuzione figurativa, da valorizzare successivamente in INPDAP tramite la ricongiunzione d’ufficio prevista dall’art. 6 della l. n. 29 del 1979. Anche l’indennità collegata al congedo straordinario ex art. 42 rientra tra le prestazioni economiche di maternità erogate dall’INPS e coperte da contribuzione figurativa, cui fa riferimento la previsione del citato art. 20 (cfr. messaggio INPS n. 31250 del 10 dicembre 2010). Pertanto, per i lavoratori sopra individuati, durante i periodi di congedo straordinario, nessuna contribuzione è dovuta ad INPDAP.

Il comma 5-quarter (anch’esso introdotto dall’art. 4 del d.lgs. n. 119 del 2011) prevede che con la fruizione di un periodo di congedo straordinario continuativo non superiore a sei mesi il dipendente matura il diritto a fruire di permessi non retribuiti (senza diritto a contribuzione figurativa) in misura pari al numero dei giorni di congedo ordinario che avrebbe maturato nello stesso arco di tempo lavorativo. Si precisa che gli stessi, non essendo retribuiti, non sono parimenti assoggettabili a contribuzione.

  1. Il regime del cumulo dei permessi per l’assistenza a più persone in situazione di handicap grave.

L’art. 6 del d.lgs. n. 119 del 2011 restringe la platea dei legittimati alla fruizione dei permessi per l’assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave. Infatti, in base al nuovo periodo aggiunto al comma 3 dell’art. 33 della legge n. 104 del 1992, “Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado oppure entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.”. Tale disposizione contempla la fattispecie in cui lo stesso lavoratore intenda cumulare i permessi per assistere più disabili. La norma va intesa nel senso che il cumulo di più permessi in capo allo stesso lavoratore è ammissibile solo a condizione che il famigliare da assistere sia il coniuge o un parente o un affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora entrambi i genitori o il coniuge della persona in situazione di handicap grave abbiano compiuto i 65 anni o siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti e il cumulo delle agevolazioni sarà consentito al massimo per l’assistenza nell’ambito del secondo grado di parentela o affinità.

  1. La documentazione circa il raggiungimento del luogo di residenza della persona in situazione di handicap grave nel caso di fruizione dei permessi previsti dall’art. 33, comma 3, della l. n. 104 del 1992.

L’art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 119 del 2011 ha modificato l’art. 33 della l. n. 104 del 1992 aggiungendo il comma 3 bis. La disposizione prevede che “Il lavoratore che usufruisce dei permessi di cui al comma 3 per assistere persona in situazione di handicap grave, residente in comune situato a distanza stradale superiore a 150 chilometri rispetto a quello di residenza del lavoratore, attesta con titolo di viaggio, o altra documentazione idonea, il raggiungimento del luogo di residenza dell’assistito”.

In base alla nuova previsione, il lavoratore che fruisce dei permessi dovrà provare di essersi effettivamente recato, nei giorni di fruizione degli stessi, presso la residenza del famigliare da assistere, mediante l’esibizione del titolo di viaggio o altra documentazione idonea (a mero titolo di esempio, ricevuta del pedaggio autostradale, dichiarazione del medico o della struttura sanitaria presso cui la persona disabile è stata accompagnata, biglietto del mezzo pubblico utilizzato per lo spostamento in loco), la cui adeguatezza verrà valutata dall’amministrazione di riferimento, fermo restando che l’assenza non potrà essere giustificata a titolo di permesso ex lege n. 104 del 1992 nell’ipotesi in cui il lavoratore non riesca a produrre al datore l’idonea documentazione.

La disposizione fa riferimento al luogo di residenza del dipendente e della persona in situazione di handicap grave. Il presupposto per l’applicazione della norma è pertanto quello del luogo in cui è fissata la residenza anagrafica per entrambi i soggetti interessati. Considerato che la finalità della norma è quella di assicurare l’assistenza alle persone disabili, in base alla legge occorre far riferimento alla residenza, che è la dimora abituale della persona, mentre non è possibile considerare il domicilio, che, secondo la definizione del c.c., è “nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi”. Anche in questo caso, l’amministrazione potrà dare rilievo alla dimora temporanea (ossia, come visto, l’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 223 del 1989) attestata mediante la relativa dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del d.P.R. n. 445 del 2000.

  1. Rilevazione dati relativi ai permessi per l’assistenza alle persone in situazione di handicap grave.

Infine, si rammenta a tutte le Amministrazioni l’adempimento previsto dall’art. 24 della l. n. 183 del 2010 ai fini della rilevazione sulla fruizione dei permessi per l’assistenza alle persone in situazione di handicap grave e si raccomanda il rispetto del termine previsto dalla legge (31 marzo di ogni anno). Si segnala altresì che, considerate le richieste pervenute e tenendo conto del fatto che si tratta del primo anno di gestione del sistema, sarà ancora consentito per i mesi di gennaio e febbraio del 2012 comunicare i dati relativi all’anno 2010.

IL MINISTRO PER

LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

E LA SEMPLIFICAZIONE

Cons. Filippo Patroni Griffi





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